Cosa troverai in questo articolo:
Il quinto giorno è l’ultimo nel “continente” da Pizzo Calabro arriviamo a Scilla.
Dal sesto giorno la #MagnaBorbonica sbarca in Sicilia: Scilla Naxos
Tempo di cambiare marcia, tempo di passare il mare e tornare sull’Isola.
La Trinacria, o Sicilia per la gente comune, è il nome che i Greci diedero alla “terra con tre angoli”,
il granaio dell’Impero per Romani, il giardino d’Europa per i nordici. Dopo la colazione al Lido Chianalea, percorriamo gli ultimi chilometri di SS18 fino a Villa San Giovanni. Arrivamo all’imbarco traghetto attraverso il Lungomare Fata Morgana.
La Leggenda
L’isola sembra vicinissima, eppure ci sono tre chilometri di mare e correnti a separare le due sponde. La leggenda vuole che nei giorni sereni la fata delle leggende arturiane faccia rimbalzare tre volte un sasso nelle acque dello Stretto, facendo riflettere le forme delle coste sicule nelle acque azzurre. Un giorno il Re Ruggero il Normanno, che bramava da tempo il possesso dell’isola allora in mano ai Saraceni, vide sull’acqua l’immagine della bellissima Morgana, che con le sue parole lo invogliò a impadronirsi dell’isola. Gli apparve vicino il porto di Messina, i dolci declivi e gli aranceti, così scese da cavallo e si tuffò in acqua. Ma l’incanto si ruppe e il re annegò nelle correnti.
Noi per stare sul sicuro ci affidiamo ad un traghetto che porta il nome di un altro personaggio infernale della mitologia greca, Caronte.
Per Messina
Come anime dannate ci imbarchiamo per Messina, che ci accoglie col suo rassicurante messaggio scritto sulla banchina del porto: Vos et ipsam civitatem benedicimus.
L’odore delle arance si mischia agli effluvi del fritto.
Trinacria è ospitale, ci tiene alla forma con quel gusto elegante, pomposo e un po’ decadente, si sente subito che l’aria è diversa. Il cibo qui è religione. Il bar è il tempio di una liturgia intoccabile, quella della granita e della brioche. Appena sbarcati salutiamo il Duomo e Nettuno, e poi lo stomaco ci fa capire che è ora di andare a trovare i Fratelli Famulari, l’arancinaro più noto di Messina.
Magnoborbonica Scilla NaxosVedendoci arrivare in bici, il Famulari senior ci porta con fare istrionico nel negozio accanto: “Voi che venite in bici da Napoli, seguitemi: questa è la copisteria della madre di Nibali!” Una maglia rosa e una gialla, qualche foto, e una signora dall’aspetto quieto che siede dietro al banco. Signora, ci saluti Vincenzo e gli dica di non correre troppo!”Volete andate sull’Etna? E lui lì si allenava!”
Usciamo dal traffico di Messina con rinnovato entusiasmo, la strada è pianeggiante, tutto è diverso, il mare ora ce lo troviamo a sinistra. Ogni cosa ha un nuovo sapore.
Alla ricerca dei sapori
Da sei giorni ci aggiriamo in bici per l’Italia e in questi primi 500 km abbiamo sperimentato quello che si potrebbe definire un pranzo diffuso: un’immensa tavolata lunga tutto lo stivale, in cui le pietanze vengono servite e consumate nel loro luogo di produzione. Impossibile scindere la mozzarella di bufala dal Cilento,
il bergamotto o la nduja dalla Calabria, le granite o le arancine dalla Sicilia.
E così vaghiamo alla ricerca dei sapori, compensando le calorie bruciate durante la pedalata in una costante dialettica bastone-carota. Anche questo è viaggio: unire dei punti simbolici con una bicicletta. Dalla sfogliatella all’arancino, dal Vesuvio all’Etna, da Napoli a Palermo – attraverso la storia più vera e martoriata di questo Paese, della sua Unità e relative miserie.
Iddu: l’Etna
A proposito di Etna: i catanesi lo chiamano solo “Iddu”, col pronome di terza persona.
Iddu, lui, quello, egli.
Sta lì, immanente, visibile da ogni punto della costa, immenso e solenne. Non c’è bisogno di nominarlo, anzi è meglio proprio non nominarlo. Iddu sta lì, non occorre richiamarlo alla memoria con un nome, come avviene per ogni altra cosa. Iddu non fa parte del paesaggio, Iddu è il paesaggio, anzi il paesaggio si arrampica sulle sue pendici fumanti. Te ne accorgi già da Taormina, quando i suoi rilievi sovrastano la costa rendendo difficile concentrare lo sguardo su qualsiasi altra cosa. Una lingua di vapore bianco sale lentamente, a ricordarti che tutto è effimero e che il fatalismo ha un senso preciso.
La costa scorre via pianeggiante e quieta, le granite rinfrescano la discesa verso sud. Una torre moresca e un breve strappo in salita, l’unico della giornata, e
arriviamo a Taormina e Isola Bella:
il flusso turistico di massa ci rende la pedalata più lenta. Sciami di bagnanti camminano a bordo strada tra la fila di automobili e i manifesti dei maghi e chiromanti locali: il Mago Giusa è diretto concorrente di Madame Sahara, che è “in possesso del libro del destino”, come riporta il suo annuncio. Massimo ha problemi al ginocchio, così anticipiamo la sosta della giornata a Naxos, precisamente al Camping Almoetia. Qui rimarremo per ben tre notti, per mettere insieme i pezzi e tentare la scalata. La scalata di che? Iddu!
La serata scorre via tra bagni a mare e l’ombra degli ulivi, rinfrancati da una cena sulla spiaggia a base di pesce. E la voglia di continuare si sbiadisce per un po’.
Reportage di Claudio Mancini
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