Casco da bicicletta, perchè usarlo
Una frattura in tre parti sul lato sinistro, dalla base della testa, altezza nuca, alla fronte. La stessa che avrebbe potuto riportare il mio cranio, invece le botte le ha prese tutte il casco. Povero, eroico, piccolo e di basso costo, ma di altissima utilità, amico casco. Chi dice che non serve, che per una pedalata in amicizia è superfluo, che rovina l’acconciatura, che magari ha freddo, perché in testa preferisce mettere un vezzoso cappello multicolore, è servito.
Il casco salva la testa, per non dire la vita
I Fatti. Un’esperienza banale se volete, ne potreste sentire mille e mille così. Insomma una fra mille, ecco moltiplicatela per mille buone ragioni per portare sempre il casco.
Sabato mattina, fine inverno, finalmente meno umido, tiepido sole padano.
Ok si va, allenamentino semplice, in compagnia, qualche nuova compagna con noi, qualcuno che non ha tanta esperienza in bici da corsa. Perfetto per me che di esperienza non ne ho solo appena di più e velleità ancora meno, dunque amo andar non troppo forte.
Pista ciclabile, traffico di auto dunque sotto controllo. Ma con una giornata che fa venir voglia di primavera sono tanti gli altri gruppi di ciclisti che s’incrociano, bisogna stare in fila, una dietro l’altra. Ci si allena a tenere la scia, si impara a dare i cambi, a volte si “osano” i 32 km all’ora, ma la media è tranquilla, 28-30 massimo. Perfetto per me.
Metà dell’allenamento è già andata via liscia, tranquilla, tra incoraggiamenti reciproci, allunghi delle giovani che mi lasciano indietro, recuperi solo d’orgoglio, battute e scherzi per solidarizzare, che alla fine la fatica in gruppo si sente meno. Il bello della bici è questo, a differenza della corsa, tutto sommato, il fiato per chiacchierare lo trovi sempre.
Ultima prova di cambi veloce, su un pezzo della pista ciclabile tranquillo e libero…
Via si va, una dietro l’altra: chiudi, chiudi gli spazi, tieni la ruota, non mollare, non mollare! Velocità controllata, circa 27 km all’ora. L’esercizio è più tecnico che di resistenza. Ma è un attimo, qualcuno che frena o decelera davanti, io, riflessi di un bradipo anziano, che non sono pronta a rallentare…
Vedo la punta della mia ruota anteriore che s’infila tra la ruota posteriore e il pignone dei cambi della compagna che ho davanti. Poi, Black Out. Non ricordo altro, se non le voci di un compagno prezioso di allenamento, che mi chiama per nome e mi dice di non muovermi.
Saprò dopo che dal volo sono passati due o tre minuti…Dolorante, stordita mi rialzo alla fine, l’allenamento piano piano lo concludo sulle mie ruote, la bici si è solo graffiata.
Mentre pedalo, protetta dal gruppo (bella sensazione di accudimento), a poco a poco ripigliandomi dallo spavento, mi rendo conto che ci vuole un po’ per ricordarmi cosa ho fatto ad inizio mattinata…anche della nostra uscita in bike, del nostro inizio di pedalata, per un po’ non rammento. Però pedalo, son caduta sul fianco sinistro, sento male alla spalla e all’anca. Ma pedalo. “Guarda che hai il casco rotto in tre punti” , Mi dice un amico che si è unito al gruppo adesso… “Caspita”! Penso tra me e me. “Se non lo avessi avuto….brrrr”.
Le ragazze completano la giornata con qualche km di corsa a piedi, l’amico che mi chiamava e mi ha aiutata a rimettersi in sella, arrivati al ritrovo da dove siam partiti, tira fuori dall’auto la cassetta degli attrezzi, mi raddrizza lo sterzo della bici… poi la smonta la infila in macchina e “Ti riaccompagno a casa, tu basta per oggi”. Ho proprio una bella squadra… Atleti del cuore, amici noi verdeneri del Raschiani Triathlon Pavese
Le botte son curabili con arnica, riposo e Fastum Gel. Un giretto in ospedale decido di farlo quando comincio ad avere capogiri e vertigini alzandomi dal divano…
Scopro che mi è capitata una roba frequentissima, che è anche la migliore che possa capitare tra i vari traumi (Grazie amico casco!): mi si sono spostati gli otoliti, gli ossicini dentro l’orecchio che governano l’equilibrio…
Una manovra risolutoria – si vabbè ti fa salire sulle montagne russe e ottovolante insieme, poi scendere dagli scivoli di un acquapark e fare un giro sulle Frecce Tricolori tutto in un minuto – che se non vomiti alla fine va tutto a posto. Un po’ di cautela nelle prossime pedalate, tra qualche giorno…e si riparte. A no, prima vado a comprare un nuovo casco. Il vecchio non lo butto però, è promosso al rango di soprammobile in casa. Se lo merita!
Testimonianza di Betta Carbone