La bicicletta, una delle protagoniste della Guerra.
La Grande Guerra, ovvero la guerra delle biciclette: si calcola che furono circa 550.000 i militari ciclisti che combatterono in Europa tra il 1914 e il 1918. Partirono in bici quei giovani soldati e, nella stragrande maggioranza, la bici la lasciarono a infangarsi nelle trincee, perché il conflitto divenne qualcosa di molto complesso, un gioco di posizione, ma sporco di sangue, per anni. Le biciclette rimasero infangate al fronte o rinchiuse nelle caserme: venivano utilizzate dai portaordini, le bici erano un mezzo di comunicazione.
La Grande Guerra, poi, fu anche un conflitto di ciclisti che diventarono soldati, come migliaia di giovani europei. E tra i ciclisti ci furono molte vittime al fronte, alcune anche molto note: in Italia, per esempio, morì Carlo Oriani, detto il “Pucia” vincitore del Giro d’Italia del 1913. Nel resto d’Europa, in particolare, sul fronte Occidentale della Francia, la Guerra spazzò via tre miti del ciclismo eroico: Petit Breton, Lapize e Faber.
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