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Il Gran Sasso, gigante silente
Gran, Gran Sasso che parli con le stelle / le lacrime che asciughi son sempre quelle / Grande Sasso conserva il tuo mistero / ed ogni sogno fatto lo vivrò davvero,
cantava nel 1982 Ivan Graziani, abruzzese DOC. E va detto, c’è davvero qualcosa di viscerale nel rapporto che si può avere con la propria terra quando si cresce all’ombra di un simile pezzo di granito. Il Gran Sasso d’Italia, vetta più alta dell’Appennino, è un posto magico e mistico, e una leggenda per gli amanti delle salite e del ciclismo sportivo. Insomma, un must da inserire in curriculum di ogni scalatore e fan del Giro.
L’impresa di Pantani
Certamente quella di Campo Imperatore è sempre stata una delle salite più celebri del Giro. Ma l’edizione 1999 vide un esile romagnolo in bandana e maglia gialla scrivere una delle pagine più incredibili della storia del ciclismo, con una memorabile fuga in salita. Infatti, in un’inusuale giornata di maggio con nebbia e freddo, con una temperatura di 3° e neve ai bordi della strada, Marco Pantani seminò gli avversari in piedi sulla sella, al termine di una lunghissima tappa durata 253km, 7 ore e 9 minuti.
D’altra parte, ripercorrere queste strade leggendarie al passo di dilettanti o cicloturisti è sempre emozionante. Questo percorso è una tappa piuttosto impegnativa per amatori che oltre alla soddisfazione ciclistica regala paesaggi meravigliosi e borghi di notevole interesse turistico e naturalistico.
Il percorso
- distanza: 138km
- dislivello: 2800m+
- partenza: L’Aquila
- arrivo: Sulmona
- fondo stradale: strada provinciale asfaltata
Questo percorso sceglie come partenza L’Aquila e come ritorno Sulmona per permettere uno sguardo approfondito al Parco Nazionale del Gran Sasso, e può essere fatto in uno, due o più giorni a seconda del livello di allenamento o della voglia di pedalare e/o fare i turisti. Nei primi 50km di tragitto l’ascesa è costante, a volte lenta, a volte più nervosa, fino all’ultimo strappo fino all’osservatorio e all’albergo di Campo Imperatore, che sono senz’altro i più duri, anche per la scarsità di ossigeno e le condizioni climatiche spesso avverse oltre che per la pendenza media.
Il primo tratto tra L’Aquila e Fonte Cerreto: la funivia-scorciatoia
Ci lasciamo alle spalle le triste gru che ricostruiscono ormai da più di dieci anni una città fantasma, lungo la SS17 in direzione Assergi. La prima parte del nostro tragitto è piuttosto trafficata e in lievissima pendenza, con un dislivello che dai 700 metri de l’Aquila ci porta ai 1125 di Fonte Cerreto in poco più di 20km. I paesini si dileguano piano piano, e fanno strada ai boschi di conifere. Da Fonte Cerreto in poi i giochi si fanno seri.
Abbiamo quindi una prima scelta, quella tra sport e cicloturismo. Mentre la prima opzione ripercorre le eroiche gesta degli scalatori del Giro, la seconda ci porta in soli 7 minuti in cima a Campo Imperatore, grazie alla funivia del Gran Sasso che prevede anche il trasporto bici, con un supplemento di 3,50€. Questa scelta è molto comoda se vogliamo goderci la quota del “Piccolo Tibet” d’Italia senza doverci per forza confrontare con pendenze troppo impegnative. Altrimenti, in sella sui pedali e via, e respirare ossigeno vero.
La scalata di Campo Imperatore
Campo Imperatore non si concede a tutti. L’ascesa è lenta, e non regala nemmeno un metro senza sudore. Dopo Fonte Cerreto proseguiamo sui tornanti o sui rettilinei a serpentina, la strada a volte si scopre in vasti tratti esposti al vento, regalando vallate con puntini bianchi al pascolo, e distorcendo la percezione stessa delle dimensioni. Poi, all’improvviso, facciamo ingresso nella piana del “Piccolo Tibet“, e giriamo a sinistra. Sono gli ultimi 7 km per l’Osservatorio di Campo Imperatore, oltre la soglia dei 2000 metri di quota. I più duri. L’aria è rarefatta, tutto intorno la maestosità dei rilievi e le venature granitiche nascondono luci e ombre, facendoci sentire minuscoli. Ancora qualche colpo di pedale e la meta è lì.
Il rifugio e l’albergo di Campo Imperatore
Arrivati in quota, vale la pena riposare e festeggiare la scalata. Il posto è meraviglioso, siamo sul tetto dell’Appennino e di tutta l’Italia centrale, e a parte l’Osservatorio sono a disposizione un paio di ostelli-rifugio per escursionisti come Lo Zio, dove è possibile fermarsi a dormire. Inoltre da qui partono vari sentieri escursionistici, alpinistici o di arrampicata per la cima del Corno Grande (2912 m), ed è presente una specie di piccolo museo della vecchia Funivia del Gran Sasso, che è molto suggestivo – oltre ai cimeli commemorativi dell’impresa di Pantani del 1999.
Il piccolo Tibet
Un tempo, queste montagne erano coperte di boschi. Fu durante l’epoca imperiale romana che avvenne il disboscamento e la messa al pascolo di questa sterminato pianoro, che oggi costituisce uno degli ecosistemi più particolari dell’Appennino. Un paesaggio quasi lunare, brullo, ventoso e straniante. Così è la discesa da Campo Imperatore in quello che è stato ribattezzato il “Piccolo Tibet”. Un’unica strada provinciale, spesso chiusa per le ingenti nevicate stagionali, solca un enorme tappeto verdastro. Pedalare qui è un’esperienza quasi mistica! Così come lo è fermarsi per uno spuntino a uno dei venditori di arrosticini di pecora sull’altipiano. Posti rustici fatti da quattro pareti di legno, dove ti vendono arrosticini, vino e formaggio, ma sei tu a doverteli cuocere sui bracieri già accesi all’esterno.
Il Valico di Capo la Serra e Rocca Calascio
Ma le pendenze non sono ancora finite. Dopo il Piccolo Tibet, la strada riprende a farsi nervosa, e tocca scalare ancora un po’ per tornare indietro e completare il giro. Ci resta ancora una vallata da superare, e il Valico di Capo la Serra, a circa 1600m. Poca cosa, rispetto alla salita precedente! Ciò che è certo, è che dopo tocca soltanto concentrarsi sui tornanti e i freni. Infatti in pochi chilometri ci ritroviamo ai meravigliosi borghi di Santo Stefano in Sessanio e Rocca Calascio, dove ci si può fermare ad ammirare il monumentale castello, uno dei più belli d’Abruzzo, reso celebre dal film Lady Hawk. Il nostro giro prosegue fino a Sulmona per riprendere il treno più vicino, ma si può benissimo chiudere un anello tornando a l’Aquila.