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Continuiamo a scoprire l’Alto Adige e le sue storie con la bici elettrica.
La partenza
Dopo una notte ristoratrice e una abbondante colazione, eccoci pronti a ripartire.
Oggi pedaleremo da Sarentino a Bressanone, io ho scelto una haibike, con assistenza Bosch. Subito apprezziamo l’aiuto offerto dalla pedalata assistita, i primi due chilometri hanno pendenze impossibili con una bici normale! Il percorso è in mezzo al bosco, l’umidità della notte rende ancora più difficile avanzare per lo scivolare delle ruote sulle pietre bagnate.
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Il nostro gruppo ormai ben definito, avanza tranquillo e malgrado la fatica e il fiatone, le battute si sprecano, facendo capire che ormai l’anima biker ha preso pienamente il possesso di ognuno di noi. Da qui in avanti ogni barriera di timidezza,di formalità verrà accantonata per gustarci l’avventura dei restanti giorni in piena libertà. Del gruppo fanno parte, Marco, Bruno, Roberto, Christian, Mara (l’unica donna) e il sottoscritto.
Il lago nero
Al superare il limite dei 2000 metri di altezza, il bosco inizia a diradarsi, lasciando la possibilità allo sguardo di correre lontano, ammirando le cime ancora leggermente imbiancate, in netto contrasto con il marroncino delle radure non ancora completamente risvegliate dalla primavera. Pedalare diventa più facile, la strada si appiana leggermente, continuando comunque a salire fino ai 2400, la nostra cima Coppi di questa mattina. Qualche breve passaggio tecnico tra pietre e radici, un cancello che delimita le proprietà dei masi ed ecco davanti a noi la conca del lago nero, un piccolissimo laghetto di montagna ai piedi del monte di Villandro.
Oltre alla memoria dei telefonini riempita con i selfie, riempiamo anche la nostra di memoria per i paesaggi che stiamo vedendo, resi ancora più belli dal piacere di averli raggiunti in bici, seppure assistita. Procediamo per qualche chilometro ancora e con una bella strada sterrata arriviamo al rifugio Stoffl all’Alpe di Villandro.
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Il pit stop
Mentre noi pranziamo ammirando il panorama su buona parte delle dolomiti, i ragazzi dell’organizzazione provvedono al controllo e alla ricarica delle ebike, anche se potremmo arrivare a fine giornata… dopo il pranzo ci dirigiamo verso la cima della montagna che ci divide dal
Rifugio e dal santuario di Santa Croce di Lazfons
La salita avviene in uno scenario che ricorda i grandi spazi americani, con le dolomiti alla nostra destra e le montagne della val passiaria a sinistra. una visione che riempie tutti di emozioni forti, l’adrenalina che ne deriva, rende quasi è superflua l’assistenza alle nostre biciclette e velocemente arriviamo al passo a circa 2500 metri. Da qui fino al rifugio il sentiero diventa impegnativo, stretto e scivoloso per lo sciogliersi della neve tardiva.
Siamo costretti a scendere per brevi tratti dalle bici, ma nessuno si lamenta, troppo facile cadere … arrivati al rifugio ci vuole qualche minuto per riabbassare i battiti cardiaci, il susseguirsi di emozioni ha reso tutti euforici e la bellezza del paesaggio contribuisce a tranquillizzare gli animi.
Il “Schwarzen Herrgott”
Il santuario ed il rifugio Santa Croce di Lazfons si trovano nel maestoso panorama di alta montagna, alle propaggini orientali delle Alpi Sarentine. Luogo di antiche leggende che raccontano di streghe e orchi, i pendii e i rilievi della lussureggiante conca di Santa Croce offrono agli escursionisti e ai pellegrini paesaggi dal panorama mozzafiato. Dal gruppo delle Vedrette di Ries, alla Croda Rosa d’Ampezzo, Sass de Putia, il massiccio delle Tofane; la vista spazia oltre il cielo dal gruppo delle Odle, la Marmolada, il Sassolungo, il Sasso Piatto, e alle Pale di San Martino, al Catinaccio, sul parco naturale dello Sciliar, al gruppo del Latemar fino al Corno Bianco e Corno nero.
La chiesetta costruita nel 1868 sulle rovine di una piccola cappella, è il più alto luogo di pellegrinaggio d’Europa ed ospita in estate il “Schwarzen Herrgott” (il Gesù Cristo nero), un’icona cristiana molto amata, trovata in una tomba a Latzfons, una frazione di Chiusa, che tutela l’escursionista dalle bizze del tempo. Inizialmente era tenuta all’aperto, prima che venisse costruita la cappella. A primavera con una processione, il crocefisso viene portato nel santuario e riportata nuovamente a valle in autunno. Una curiosità: per rendere più resistente il crocifisso alle intemperie, è stata usata una miscela di sangue di bue e pece liquida ricavata da un albero. È propria questa miscela ad aver conferito al Cristo la sua colorazione scura.
La discesa verso Bressanone
Da qui alla piazza del duomo di Bressanone, il nostro traguardo odierno, sarà una lunga discesa. Nella prima parte dovremo porre molta attenzione per la forte pendenza e per il fondo sconnesso, poi sarà una lunga cavalcata fino in città. Purtroppo al finire del primo tratto, Mara la “ragazza del gruppo” ha avuto un piccolo incidente che le ha procurato un taglio profondo sul braccio e un piccolo trauma. L’intervento immediato della guida soccorritore ha circoscritto il problema, e per sicurezza è arrivato l’elicottero che ha trasportato la nostra biker in ospedale. Tranquillizzati tutti sullo stato di salute di Mara, abbiamo ripreso a pedalare fino a Bressanone. Dopo un meritato riposo l’appuntamento per la cena era al Gruner Baum, dove tra un piatto e l’altro abbiamo ripercorso la giornata, tranquillizzati sullo stato di salute di Mara, ricordando ogni piccola sfumatura vissuta e iniziando a contare qualche “ferita di guerra” sulle gambe.
Il richiamo del letto ha lo stesso effetto delle sirene per Ulisse, ma noi non essendoci fatti legare, cediamo velocemente …
Per informazioni: bike&more