Oggi parliamo della via Francigena Toscana: in bicicletta da Lucca a San Gimignano, un percorso tra i borghi più belli d’Italia.
Da Lucca a San Gimignano sono novanta chilometri circa in direzione est: pianura, chiese e ospitali per la prima metà; dislivelli e natura nella seconda, scendendo verso sud lungo la Valdelsa, fino a San Gimignano, incantevole risarcimento della fatica fatta per arrivarci in bicicletta. Quelle da strada vanno bene ma le MTB sono meglio, con qualche dente in più che torna utile, specie verso sera, verso l’arrivo, per finire tranquilli.
Da Lucca si esce prendendo per porta San Gervasio prima e porta Elisa poi, cerchia delle mura Estensi. Si segue per via Romana dove un pellegrinetto giallo fa da segnavia fino alla Strada Provinciale 23, non da seguire ma da attraversare. Dall’altra parte l’indicazione di due direzioni diverse che portano alla medesima meta – Capannori – ma il bello della Toscana è anche questo. Capannori, Capannole, è scritto in un testo lucchese del 745 mentre la chiesa dei Santi Quirico e Giuditta è del 786. Distrutta e ricostruita più di una volta, ma la merlatura Ghibellina del campanile dice dell’origine e dell’identità di chiesa Lucchese.
Si prosegue per Porcari, meno di cinque chilometri da pedalare lisci sulla SP 23 oppure articolati che cominciano da via del Popolo e proseguono sulla ciclabile dove si va a destra. Poi un paio di svolte, destra-sinistra e dentro-fuori per sbucare ancora sulla Provinciale. Passiamo l’abbazia di Pozzeveri e un pensiero va all’importanza di questo borgo intorno all’anno Mille – con chiese e un ospitale – adesso che è lì quasi d’intralcio, tra l’autostrada e la ferrovia.
Torniamo poi alla Francigena Romea in direzione di Altopascio e da lontano vediamo la torre campanaria dell’ospitale e della chiesa di San Jacopo; qualche chilometro e si arriva. Altopascio è ancora Lucca, sente Pistoia, vede Firenze; vicine rispettivamente a nord e a est. E’ Garfagnana ed è Valdelsa. E’ il pane insipido, di grano toscano, di crosta croccante e di pasta “sconcia”. Il triangolo irregolare che costituisce il suo nucleo storico deriva dall’ospitale medievale, che aveva dimensioni imponenti.
Come la torre campanaria a quattro ripiani, con le aperture che aumentano salendo. Da lassù risuona “la Smarrita”, la campana che aiutava i pellegrini a trovare la via quando scendeva il primo buio.
Si lascia Altopascio per Ponte a Cappiano; una decina di chilometri abbondanti da pedalare sulla SP 15 e sulla via Romana – Lucchese. Altrimenti si può attraversare il bosco delle Cerbaie. Umidità e fango se piove, altrimenti ombra e fresco. Prati e foreste; cieli, paludi e ponti. “Acqua nigra” o “Arno nero”, dice Sigerico a proposito del passaggio sull’Usciana di Ponte a Cappiano.
E’ del 1550 il successivo ponte Mediceo, struttura articolata che comprendeva il forte, la pescaia, una fattoria e ovvio l’osteria. Tutto questo oggi è diventato l’ostello della gioventù, e un po’ spiace per l’osteria. Si esce dal ponte coperto e si prende il viale alberato che accompagna verso Fusecchio, che sorge su un guado dell’Arno, in prossimità dell’Usciana e nelle vicinanze della Francigena, per dire di quanto era importante questo centro. Il ponte sull’Arno era “l’Arne Blanca”, l’Arno bianco, ancora Sigerico.
A Fusecchio possiamo sistemare la bici, da Motor Bike per esempio, in via Cesare battisti. Altrimenti riprendiamo e dopo qualche chilometro siamo a S. Miniato Basso, che può diventare S. Miniato Alto, dopo 3km da Gran Premio della Montagna. Quassù si cena coi frati al convento di S. Francesco; un ultimo sforzo che vale la pena e una vista che vale la giornata.
Da San Miniato si riparte in direzione sud est per arrivare a San Gimignano, dopo una quarantina di chilometri splendidi e difficili. Si lascia la Valdarno per entrare nella Valdelsa: la Toscana, l’Italia, secondo la concezione più classica e più poetica. Colline e boschi. Olio, grano e vino. Castagni, querce, lecci. L’Arno e l’Elsa si arricchiscono di pioggia che condividono poi con i monti del Chianti – a est – e con le colline tra Volterra e San Giminiano, sud e ovest. Geografia di un paradiso che la storia delle contese tra Firenze e Siena, Lucca e Pistoia, tenta di trasformare in inferno. Poi case coloniche e castelli e la Via Francigena: la Pieve a Chianni, la Pieve dei Santi Pietro e Paolo a Coiano; le torri di guardia, San Gimignano e San Genesio, commercio e traffico. La Via che si pedala non è sempre quella che si cammina.
Per arrivare pedalando alla Pieve di Coiano è più utile la Sanminiatese, asfaltata e poco trafficata. Da Coiano verso San Gimignano sono comode le Provinciali 108 prima e 46 poi, considerando che sia prima che dopo si affrontano dislivelli che accarezzano il 4%, quindi mica poi tanto comodi. Avanti ancora per Castelfiorentino da dove si prosegue per Gambassi Terme: si va su dolci per sei chilometri circa per raggiungere e passare – oppure sostare e ammirare – la Pieve Santa Maria di Chianni, ricostruita e abilitata a ostello. Ancora fondo difficile e dislivelli marcati fino all’Abbazia di San Pietro a Cerreto, raggiungibile anche dalla provinciale, basta scendere un po’. Avanti ancora fino a vedere le torri di San Gimignano che si avvicinano; una volta circa 70, ora molte meno.
San Gimignano è Sce Gemiane di Sigerico, tappa XIX del suo Cammino. Già importante nel X secolo, il passaggio della Francigena sul crinale lo rende splendido intorno al XII. Le torri come prestigio della aristocrazia mercantile che così faceva sapere della sua importanza e della forza, qui e nel mondo, dove porta zafferano e Vernaccia. Il Comune cresce e si espande, da autonomo, lungo la direttrice della Via, con la piazza triangolare per mercati, feste e tornei. Poi la Francigena scende dal crinale verso il fondovalle e il presente se ne va da San Gimignano, consegnando il borgo alla Storia. Ma la magia che lo circonda è ancora così forte che, mentre ci sporgiamo per ammirare la meraviglia sottostante, ci sentiamo un po’ Cavalieri anche noi.
Reportage di Alessandro Avalli