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Lontani i tempi in cui la posizione in sella del corridore ciclista era tutta lunga e abbassata; lontani i tempi in cui i ciclisti professionisti li vedevi pedalare con la testa schiacciata sul manubrio, con la schiena flessa e con le gambe che azionavano pedivelle lunghissime, impensabili per i normali cicloamatori.
La realtà dei fatti oggi ci propone una situazione decisamente diversa; propone qualcosa che – entro certi limiti – può essere valida anche per il ciclomotore o il ciclista sportivo “della domenica”.
Lo spunto per questo articolo ci è venuto vedendo le immagini dei corridori professionisti di alto livello dei giorni nostri, quelli che partecipano al Tour de France o alla Liegi-Bastogne-Liegi, al “Giro” o alla “Vuelta”, i corridori che – si è sempre detto – non si possono pensare di imitare in quanto a prestazioni, e tantomeno in merito alla posizione assunta in sella.
Chi va in bici per professione è in grado di tollerare assetti decisamente estremizzati, che chi in bici non va per professione non può certo sostenere. Ma siamo proprio sicuri di tutto questo?
Più alti sul manubrio
La vecchia “scuola” biomeccanica voleva che per essere più performanti i corridori dovevano schiacciare quanto più possibile il busto sul telaio, in modo da opporre meno resistenza possibile all’aria frontale.
Studi in galleria del vento, ma anche le semplici prove empiriche, hanno in realtà dimostrato che la strada per ottenere questo risultato non è necessariamente lo stare bassi sul manubrio: una posizione più rialzata, ma al tempo stesso con avambracci più stretti, produce più o meno la stessa superficie frontale opposta all’aria, con il vantaggio in più di comprimere meno la gabbia toracica e flettere meno l’articolazione lombo-sacrale.
In pratica, al vantaggio aerodinamico si aggiunge quello biomeccanico di un assetto che stressa meno i muscoli e facilita l’esecuzione degli atti respiratori.
Posizioni del genere, appunto, sono meglio sostenibili non solo dai corridori, ma anche da chi in bicicletta non corre per professione.
Mani basse più a lungo
Quanto appena scritto ha prodotto anche un’altra modifica sostanziale nel mondo di fruire la bici da parte dei prof: i pro rider utilizzano sempre meno la presa cosiddetta “bassa” sul manubrio, appunto perché non è questa la sola via di ottenere il migliore CX aerodinamico.
È anche vero, però, che rispetto a qualche anno fa la tecnologia ha approntato componenti più adatti anche per chi vuole stare tutto basso sul manubrio; la moderna generazione dei manubri cosiddetti “compact” ha appunto compattato l’altezza delle due “corna” basse, con il risultato che il rider riesce a sostenere più facilmente – e più a lungo – l’impugnatura bassa sulla piega.
Pedivelle corte per l’alta cadenza
Il più celebre è stato Miguel Indurain: l’iberico azionava a cronometro pedivelle da 180 millimetri, ovvero leve impensabili per tanti amatori; allo stesso modo erano molti i pro rider che sceglievano di azionare pedivelle molto lunghe, che in quanto tali aumentavano l’applicazione di forza sulla pedaliera, ma implicavano anche grande forza muscolare per sostenere cicli di pedalata così ampi.
Oggi la tendenza tra i corridori si è totalmente invertita: da quelle lunghe siamo passati all’adozione di pedivelle corte, che partono dalla constatazione che una leva più compatta produce “rivoluzioni” del ciclo di pedalata meno ampie, facilita di conseguenza l’alta cadenza e – nel caso degli atleti top – aiuta a spingere le moltipliche non a caso “impossibili” che oggi spingono i prof.
Oggi, quanto detto è perfettamente adattabile anche al mondo amatoriale, con la sola eccezione delle moltipliche in uso che non possono certo essere quelle “monstre” azionate dai prof: ma tutti gli altri vantaggi in termini di maggiore cadenza e ottimizzazione del gesto sono validi anche per l’amatore.
Selle “da fachiro” addio
L’attenzione dei corridori per la riduzione di peso sulla bicicletta è sempre passata per l’alleggerimento di ogni parte coinvolta nella meccanica del mezzo, sella inclusa.
In questo senso le selle scelte dai professionisti sono spesso le più leggere tra quelle disponibili sul mercato, ma appunto per questo sono anche le più difficili da sostenere a lungo a causa di un’imbottitura minimale, di un’area di appoggio ridotta all’osso e di strutture in carbonio che rendono sì il componente leggero, ma anche estremamente rigido.
A tal proposto la moderna tecnologia di realizzazione in 3D dell’imbottitura ha dato una grossa mano sia ai corridori, ma anche agli amatori che vogliono tenere basso il per della loro specialissima. Diversamente dalle tradizionali schiume espanse, l’imbottitura tridimensionale crea un supporto estremamente ergonomico, confortevole ed adattabile per il corpo, e lo fa con un peso complessivo estremamente contenuto.
Le selle con imbottitura tridimensionale hanno guadagnato nelle ultime due stagioni la fiducia della maggior parte dei pro rider. E sono un componente assolutamente adatto anche per le esigenze dei ciclomotori e dei cicloturisti.
Ruote rigide ma anche confortevoli
Infine le ruote: anche su queste ultime la tecnologia recente ha radicalmente cambiato le carte in tavola, proponendo soluzioni più funzionali, più comode ma comunque più prestanti che sono andate a beneficio prima dei professionisti, ma che allo stesso modo sono disponibili per chi non ha certo il livello atletico di un atleta d’alto livello.
Ciò che è successo con la progressiva estensione del sistema tubeless è che è possibile utilizzare pressioni di esercizio notevolmente più basse rispetto a quelle della vecchia era dei tubolari: pressioni di 5 – o addirittura di 4 bar – sono assolutamente frequenti tra i pro rider, e questo sempre grazie alla “nuova scuola” che declina il sistema tubeless con coperture (e cerchi) con larghezza maggiorata.
La conseguenza è che le ruote odierne usate in corsa riescono ad essere rigide, aerodinamiche e scorrevoli come erano anche le ruote di qualche ano fa, ma diversamente da queste sono estremamente più comode e più adatte ad assorbire i colpi; ancora una volta tutto questo va a vantaggio delle prestazioni dei corridori, ma anche del comfort degli amatori.