Il Monte Autore, è una delle maggiori cime del Subappennino Laziale (chiamate anche le Alpi di Roma) a cavallo tra Lazio e Abruzzo, la terza tra le vette dei Monti Simbruini; la prima all’interno della provincia di Roma.
Una meta affascinante dove il silenzio monumentale delle foreste regna sovrano, scalfito solo dalle folate di vento; nonostante la vicinanza geografica all’Urbe, i rumori del traffico si arrestano ai primi rilievi sulla Tiburtina.
Altro vantaggio di queste zone è la vasta rete di sentieri CAI e ippovie, i cui cartelli segnalano con precisione mete e tempistiche di percorrenza a piedi: questo dedalo di strade sterrate e single track rendono questo posto perfetto tanto per il trekking quanto per la mountain bike. Per questo percorso valgono tutte le regole che si usano in montagna: autonomia e prudenza; non ci sono attrezzature lungo il percorso, tranne qualche segnale e una locanda a metà strada, quindi è opportuno portarsi dietro tutto ciò di cui si necessita (acqua, cibo, attrezzi).
C’è però un punto dolente: dato che i binari non amano correre in salita, la più vicina stazione ferroviaria, quella di Carsoli, è a 25 km di distanza, e questo rende più difficoltoso – non impossibile – il trasporto bici-treno.
Esistono infatti due soluzioni: ripiegare sul trasporto in automobile e cominciare a pedalare da Campaegli, come da descrizione itinerario in questo articolo, oppure affrontare la lunga e panoramica salita di Cervara di Roma: in questo caso andranno aggiunti una ventina di chilometri di fatica all’andata e altrettanti di vento al ritorno.
Cervara è un paesino a semicerchio, disposto a platea di un teatro naturale in cui lo spettacolo è la vallata del Fiume Aniene, maggiore affluente del Tevere: qualche tornante ancora, superiamo la riserva di cervi da cui prende il nome e arriviamo a Campaegli, località sciistica ed escursionista composta da tre case e un ristorante. Da qui in poi ci attende solo natura, natura e basta.
Il sentiero segue all’inizio un andamento in falsopiano su fondo sassoso e (se piove) fangoso, tra vallate e collinette dove pascolano bovini e cavalli. Poi i Monti Simbruini indossano il loro abito migliore e coprono tutto con un bosco di castagni e querce, i colori diventano più intensi, al verde di prima si sostituisce il rosso e il marrone, l’unico suono che rimane è quello dei copertoni tacchettati della bicicletta, sul tappeto di foglie morte.
La segnaletica CAI ci aiuta nella scelta del sentiero: oltre alla traccia segnalata, abbiamo altre mete che spaziano da Monte Livata a Vallepietra, set di numerosi film western, non ultimo “Lo chiamavano Trinità” con Bud Spencer e Terence Hill. Nel frattempo, la salita inizia a farsi sentire con maggiore intensità. Il bosco è così fitto che anche in primavera rimangono sporadiche sacche di neve, tenute insieme dall’umidore muschioso e dall’altitudine.
La scalata continua anche dopo una locanda in legno sulla strada per Livata, unica traccia umana nel giro di vari chilometri (se avete fame, fanno eccellenti panini salsiccia, tartufo e scamorza); a destra scendiamo verso Subiaco, a sinistra saliamo ancora per la cima, stavolta per un breve tratto di asfalto. L’ultima parte è invece in single-track, su un ripido costone sassoso che dischiude tutta la bellezza dell’Appennino. I bikers più esperti potranno divertirsi un po’, mentre quelli che si sentono poco sicuri potranno portare per qualche metro la bici a mano.
Finalmente, la vetta: una brulla distesa di sassi che il vento tormenta senza pietà, con un cumulo di pietre bianche e una croce a indicare il punto più alto. Tutto intorno, solo cielo; qualche nuvola più sfrontata ci attraversa, giocando per qualche attimo a fare la nebbia.
Esistono due sentieri per tornare giù, noi abbiamo scelto di tornare sui nostri passi e alla locanda proseguire in vertiginosa discesa in direzione Livata, stazione sciistica molto amata dai romani, dalla quale partono ulteriori tracce sui monti vicini. Nell’itinerario gps qui fornito ne scegliamo uno appena usciti dal paese, che con una graduale salita e falsopiano ci riporta nelle vallate iniziali di Campaegli.
Da qui, a seconda del nostro mezzo di trasporto, possiamo caricare di nuovo le bici in macchina per il ritorno oppure goderci l’interminabile discesa verso la stazione di Carsoli, cullati dalla brezza dell’Aniene e dalla vista del suo castello medievale.
I dati
distanza: 23 km
superficie: sentieri sterrati / sassosi / brevi tratti asfaltati di strade secondarie
dislivello: 631m
inizio: Campaegli (Cervara di Roma)
fine: Campaegli (Cervara di Roma)