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Novara in bicicletta tra medioevo e risaie
Novara è adagiata su un leggero rilievo nella Pianura Padana tra il Sesia e il Ticino, e da lì ascolta la metropoli e guarda le Alpi. La sua provincia sale stretta dalla Lomellina fino ai laghi Maggiore e d’Orta, in una porzione di Piemonte che sa di Lombardia: nel dialetto, in cucina e nei modi pratici.
Terra di mezzo quindi, che il trasporto veloce quasi non considera, troppo impegnato a correre altrove per guardarsi intorno. Per questo Novara e la sua provincia sono da ammirare in bicicletta, il modo giusto per conoscerne la storia e le storie.
Il centro storico
Il centro storico è di eleganza medioevale, viette e piccole piazze che si lasciano e si riprendono, fatte apposta per girare in bici. Si trova all’interno delle mura romane, ora i “baluardi”, viali alberati. Qui c’è la Basilica di San Gaudenzio, il monumento più importante della città, costruito tra il Cinquecento e il Seicento, con la splendida cupola neoclassica a pinnacolo progettata dall’Antonelli.
Poco più giù invece, seguendo via San Gaudenzio, si arriva al Campanile di Benedetto Alfieri, della seconda metà del ‘700. I 90metri del campanile e i 121 della cupola, illuminati quando viene sera, sono uno spettacolo che si può ammirare anche da lontano. Continuando verso sud, e attraversando Corso Italia e via Fratelli Rosselli, si arriva al Duomo; è del XIX secolo e anche questo è stato progettato dall’ Antonelli.
Di fronte al Duomo il Battistero, l’edificio più antico di Novara e anche una delle più antiche architetture paleocristiane del Piemonte.
Per uscire dalla città si torna su via Fratelli Rosselli verso est; si passa piazza Martiri della Libertà e ci si tuffa nel Parco dei Bambini, per chi va in bicicletta è quasi un obbligo. Dopodiché destra e poi sinistra per via Costa, al primo incrocio si devia di nuovo a destra per via Pietro Micca, e dopo un paio di traverse si va a sinistra per Strada Briandate. Da qui in poi sempre dritto: meno asfalto e più natura, meno cemento e più cielo. Poi la terra che diventa acqua: è lo spettacolo delle risaie, identità e cultura di questa parte di pianura.
200 km di piste ciclabili
L’A.T.L., l’Azienda Turistica Locale della provincia di Novara – 0321.394059 info@turismonovara.it- ha disegnato qualcosa come 200km di itinerari cicloturistici per city bike e mountain bike, divisi in 19 tappe da pedalare, da sudare e da vivere che è un piacere per quante cose belle si incontrano. Quelli dell’ATL sono persone che se fate segno col dito verso un monumento o una chiesa, vi sanno dire che cos’è; perché sono preparati e disponibili, ma soprattutto perché ci tengono.
Poi però la bicicletta è anarchia allegra, per cui si può decidere di continuare per la provinciale di Biandrate per circa 7km fino a S. Pietro Mossezzo, dove si gira a sinistra per un paio di chilometri per arrivare a Gionzana, su una strada che è d’asfalto ma così sottile che sembra fatta con la punta di una matita.
E qui, tra l’acqua e il cielo, c’è L’Oratorio della Madonna del Latte. Un santuario che è una meraviglia, con affreschi del XV secolo sulle pareti laterali, sull’arco trionfale e sul catino absidale. E sulla parete meridionale la Madonna del Latte, la Madonna che allatta il Bambino. Uno splendore che merita tutto il tempo necessario per essere raccontato, e da raccontare ce n’è.
Dal Santuario si torna indietro, si gira a sinistra attraversando il paese fino a una strada sterrata che si chiama “case sparse”. Sparse in mezzo al “mare a quadretti”, dice Sebastiano Vassalli, scrittore che qui vive e qui si ispira per le sue storie di pianura come “La Chimera”, premio Strega e successo internazionale. Altri interessanti scritti di Vassalli sono nella raccolta illustrata “Terra d’acque. Novara, la pianura, il riso”. www.letteratura.it/vassalli.
Lo spettacolo delle risaie
La sterrata curva prima a destra e poi a sinistra; solo un chilometro e mezzo per finire dritto alla Cascina Canta .
A lavorare il riso c’è Eusebio Francese, che divide lavoro e poi ancora lavoro con Isabella e Maddalena, le figlie, e il genero Ugo. Occhi azzurro acceso e mani che sono due pietre, a quasi novant’anni Eusebio è la storia e la geografia della zona, ma anche la tecnica e l’economia.
Con lui la conversazione ondeggia tra la macchina cinese per produrre il riso e il consorzio, che c’era ma non funzionava fino ai tedeschi, che durante la guerra gli hanno puntato il mitra al petto e la pistola alla tempia, tanto per tranquillizzarlo. Ma soprattutto Eusebio racconta della grande passione per la coltivazione del riso, e ti fa vedere, ti dice e ti spiega come i chicchi di riso
sono simili e diversi come mondi paralleli: il Maratelli -qui è l’unico posto dove lo si produce- il Vialone Nano e l’Aromatico Gange. E poi i cereali, le farine e le paste: e come si fa, e quando, e perché proprio così. Ma lei Eusebio lavora sempre? “Possibilmente”; e ti sorride.
Lasciata la Cascina Canta si percorre al contrario la strada fatta. Poco prima di Gionzana si gira a destra e poi ancora a destra fino alla Roggia Biraga, che si accompagna in direzione nord-ovest su una ciclabile sterrata ma bella dritta, larga e piatta che è un piacere. Si continua fino al ponte su strada asfaltata, poi a destra attraversando Marangana.
Qui vive Sebastiano Vassalli, e non è difficile immaginare lo scrittore attingere dal bello che lo circonda, con gli occhi, con le mani, con lo spirito; e poi restituire nella forma di opera letteraria.
Si attraversa il paese e si prosegue su una striscia d’asfalto in direzione Ponzana. Avanti così per circa un chilometro, fino all’indicazione di girare a destra: un sentiero sterrato porta all’Oasi della Palude di Casalbeltrame. Un acquitrino che è un paradiso terrestre, con alberi nelle diverse declinazioni: pioppi, olmi, salici; giunchi e arbusti fino alle specie erbacee e anche alle erbacce, che se esistono ci sarà un motivo.
Poi l’acqua che diventa fosso, fontanile, roggia, rigagnolo. Qui arrivano gli uccelli migratori: aironi bianchi, nitticore, garzette, e aironi cinerini, a leggere le guide. Altrimenti si possono alzare gli occhi dai libri e guardare il cielo, per ammirare questi splendidi esemplari planare sulla palude e toccare il suolo con un’eleganza unica, e pazienza se non si é sicuri della specie a cui appartengono. L’area è anche attrezzata con una postazione di bird-watching, così da poter osservare senza disturbare. Informazioni utili per visite e altro: www.lamedelsesia.vc.it
Poi si riprende la sterrata che gira a destra, in direzione delle cascine Bosco e Falasco, per proseguire sulla provinciale 104 verso Casalbeltrame. In tutto tre chilometri, impossibile sbagliare perché è l’unica strada che c’è: una striscia d’asfalto intimidita dalla natura che la circonda. Entrati in paese si va avanti fino al primo incrocio; sull’angolo a sinistra c’è “L’Civel, memoria di terre e di fatica”. E’ il museo multimediale dell’attrezzo agricolo, una definizione e mille storie di ieri per capire la storia di oggi. Si entra, buio: video di vita semplice e dura di donne e di uomini nelle risaie. Poi foto, che a guardarle bene raccontano anche più del video, e posti, rumori, odori: la raccolta, la pulitura, la selezione dei cereali. E gli attrezzi per la terra e l’acqua per il riso; altre foto, disegni; un buco per infilare le mani e sentire le mammelle della mucca che i bambini diventano matti, con le mucche vere dall’altra parte della strada, volendo. Un museo per ringraziare chi ha fatto fatica e chi ne fa ancora. Anche qui gente che spiega tutto e per bene. Da capire gli orari, perché variano a seconda dei giorni e delle stagioni: museo@casalbeltrameonline.it. E la possibilità di noleggiare biciclette: sono nel cortile, dentro un capanno, vicino alle cinque chiese dette “matrioska”. Sono riproduzioni di edifici religiosi della zona, che potrebbero stare una dentro l’altra, come le bambole della tradizione russa. All’uscita, una topolino amaranto, a ricordare il titolo di un libro di Dante Graziosi, autore di storie di queste terre e di questa gente. Il prossimo anno saranno cento anni dalla sua nascita, sarà festa grande.
Proprio fuori dal museo c’é il ristorante omonimo, www.ristoranteilcivel.it oppure c’è “la pentolaccia”, un nome che ispira. (la pentolaccia@live.it) Da Casalbeltrame si esce prendendo via Gautieri, verso Biandrate. Poco più di un chilometro su strada asfaltata a doppio senso, che inizia con una corsia per biciclette che a un certo punto sparisce. Appena dopo il cartello che segna l’ingresso nella cittadina si svolta a sinistra in direzione S.Nazzaro Sesia, tre chilometri e mezzo sulla provinciale omonima. Poco avanti si passa l’autostrada salendo il cavalcavia, l’unico dislivello di un certo tipo. Per il resto curve a gomito e strade dritte, gli stati del Middle West ma in Pianura Padana.
S, Nazzaro Sesia
Si entra a S. Nazzaro Sesia e si prosegue fino a che la strada si allarga in una piazza. Sulla sinistra c’è una vietta che ha l’indicazione di strada senza uscita ma proprio sopra quel cartello ce n’è un altro che dice dell’Abbazia dei Santi Nazzaro e Celso, indicazione confermata da altri due cartelli poco più avanti.
L’abbazia è stata fondata nel 1040 e fortificata a partire dal XIII secolo, vista l’aria che tirava tra Novara, Milano e Vercelli, la cui provincia comincia proprio qui vicino, dopo il Sesia. E infatti dentro e fuori della fortezza si alternano tempi e modi di guerra e di tregua, con lunghi periodi di non curanza e degrado, addirittura fino a metà del XX secolo, quando un restauro importante riporta l’abbazia allo splendore originale. La costruzione, da fuori, dà un senso di forza fisica. Ma il silenzio che la circonda, e l’interno con gli affreschi quattrocenteschi, emanano quiete e forza interiore.
Da S. Nazzaro Sesia si può andare verso il Sesia, e pranzare alla trattoria “Al Sesia” 0321.834519, oppure uscire dall’abitato prendendo per Recetto, due chilometri e mezzo circa. La strada provinciale risale quella fatta all’andata, per poi svoltare a sinistra all’unico bivio e proseguire dritta. Altrimenti si può tagliare queste strade ad angolo retto con una scorciatoia per i campi, su strade sterrate, e riprendere la provinciale fino al Canale Cavour.
Il Canale Cavour taglia la pianura in orizzontale per 85 chilometri, e unisce il Po da Chivasso al Ticino a Galliate. Sull’alzaia, che è la riva di destra (qui come su qualsiasi altro canale) corre una ciclabile che lo impreziosisce, come una collana sul décolleté di una bella donna. E’ una pista sterrata ma assolutamente pedalabile: bella, larga e in sicurezza.
E’ stata rimessa a nuovo assieme a quelle che accompagnano gli altri due canali della Bassa Novarese, il Regina Elena e il Diramatore Vigevano. E siccome lungo il Cavour non ci si può perdere, allora ci si può lasciare andare e guardarsi in giro, e respirare. Dal Cavour si può rientrare sulla provinciale fatta all’andata svoltando a destra, all’altezza della Cascina Obbiatino per esempio, e svoltare poi a sinistra per percorrerla al contrario e rientrare a Novara.
Rientrati in città si avrà la sensazione di claustrofobia, ma sarebbe sorprendente il contrario. Nel caso si debba far controllare le bici da un meccanico, ci si può fermare da Bike Extreme in via Oxilia 2/a, da Bike Center 99 in via Alcarotti 8 oppure da Pietro Arlone, in via Pierazzi 8/b. Questa potrebbe essere una buona scusa per visitare da dentro i monumenti che prima si sono visti da fuori: il Duomo o la Basilica di San Gaudenzio, con gli splendidi affreschi delle sei cappelle. Oppure ci si può fermare da Macam (in corso Italia 40/e www-macam.eu) e prendere un gelato con i Biscottini Novaresi, e magari cominciare a pianificare una pedalata verso la parte alta della provincia. Si potrebbe andare verso i colli novaresi, ad assaggiare buon vino e gorgonzola, tanto in bici si brucia.
Reportage di Alessandro Avalli