Tre giorni nel Salzburgerland in bicicletta
Sentirsi dentro al cast di Tutti insieme appassionatamente e parte del gotha del ciclismo allo stesso tempo.
Dei miei tre giorni passati a Salisburgo e dintorni, non vi racconterò tutto. Ci proverò, certo. Elencherò le bellezze artistiche, e storiche, ma sicuramente mi sfuggirà un dettaglio importante, finirò lo spazio appena prima di descrivere quel monumento. O dovrò tagliare un aneddoto, perché starò sicuramente andando lunga. Vi parlerò di un territorio incontaminato, rigoglioso e verdissimo, dove la natura non è né troppo selvaggia né troppo imbrigliata, ma semplicemente è in pace con le costruzioni dell’uomo che sembrano rispettarla, ricambiate. Però non troverò nel vocabolario l’aggettivo che descriva quel verde che non è solo clorofilla, e nemmeno smeraldo, e che si fonde con il verde dei laghi , interrotto appena, qua e là dai picchi delle montagne, in un continuum che lascia senza parole, appunto. E soprattutto non riuscirò a trasmettere la sensazione di perfezione che danno tutte queste cose insieme, unite alla straordinaria gentilezza degli abitanti del luogo, alla cura e alla passione che dedicano al turismo. E no, credetemi, “customercare” non è la parola che stavo cercando.
Turisti in bicicletta dentro e fuori Salisburgo
Primo giorno – L’arrivo
Arrivo al tramonto, dopo un’intera giornata di auto, le gambe accartocciate, ma il cuore pieno di aspettative. Il viaggio infatti è stato generoso di anticipazioni, coi maestosi paesaggi lussureggianti a fare da quinta, nella luce dorata del tramonto. L’aria è esattamente come dev’essere, leggera e frizzante, tanto che al ritorno, quella milanese sembrerà solida, come di cartone. L’albergo, il Romantik Hotel Gmachl (spero di non doverlo mai pronunciare a voce alta), fedele al suo nome, sembra fatto apposta per gli innamorati, un nido romantico, curatissimo che non ha niente del lusso dichiarato è un po’ sbruffone di certi Hotel multistellati.
Raccolto, di un lusso discreto, prodigo di ogni possibile coccola un ospite possa desiderare: la grande piscina all’aperto, circondata da un ampio prato, la Spa all’ultimo piano con un’altra piscina, ma coperta, saune, bagni turchi, e ogni tipo di massaggio e trattamento estetico.
Dulcis in fundo, in un angolo del garage fa bella mostra di sè una grande officina ciclistica, piena zeppa di biciclette da corsa, mountain bike e e-bike che vengono fornite su richiesta a chiunque lo desideri, con tanto di assistenza. Le bici per la Gran Fondo invece le fornisce il Racing Bike Region Salzburgerland, che si occupa di diffondere il ciclismo in ogni sua manifestazione in tutta la zona. Sono bici austriache, di una marca molto poco conosciuta in Italia, Airstreem, leggerissime, tutte in carbonio e, a detta di chi ne ha beneficiato, anche molto performanti.
Dopo questo esordio felice, la camera non delude: tutta sui toni verde e rosa – lilla che pare un’ortensia, con tanto di salottino e giardinetto privato, un vero nido romantico. Che dire del ristorante, fatto di salette e salottini deliziosi, sempre sullo stesso tema cromatico “ortensia”, pavimento in beola e mobili tipici, con i tavoli all’aperto a bordo piscina? Impeccabile, come la cena di benvenuto che ci viene servita proprio lì: insalata con formaggio di capra caldo, una zuppa di crescione con ravioli ripieni di trota salmonata e un luccio perca assolutamente delizioso.
Nell’aria fresca e profumata della sera, il caldo umido di Milano sembra ben più lontano dei quasi settecento chilometri percorsi nel pomeriggio e già dimenticati. L’ufficio del turismo, è rappresentato da una deliziosa signora di nome Alice che sembra parlare miracolosamente ogni lingua natia dei partecipanti a questa gita; è premurosa, ma mai invadente, accudente come una tata, ma organizzata ed efficiente come un ufficiale austro-ungarico. Ci dà appuntamento l’indomani per mostrarci Salisburgo dal sellino di una city bike.
Mi addormento sognando l’Imperatrice Sissi.
Salisburgo
La regione del salisburghese: è come una nobildonna di stirpe antica con una classe innata, proveniente da una ricchezza le cui origini si perdono nel tempo, e per questo sobria, mai ostentata. Le case, antiche o più recenti, sono tutte solidamente belle, incredibilmente curate, e, mi viene da pensare che una parola che sicuramente manca al loro vocabolario è “sciatto”.
Anche la natura, sembra intonata a quest’eleganza, morbida e composta, ma mai troppo artificiale. 200 laghi e laghetti così puliti che si potrebbero bere, che vengono vissuti come 200 piscine naturali, con decine di persone che ci nuotano, o semplicemente ci fanno il bagno, e tutt’attorno colline e montagne, ma anche pianure in un enorme parco dei divertimenti, per ciclisti di tutti I tipi.
Entrando a Salisburgo, l’ingresso in città è un colpo di scena ad effetto, con la fortezza e tutta la città antica. che si stagliano davanti ai nostri occhi spalancati. Partiamo, a cavallo delle nostre city bike. La città è tutta percorsa da piste ciclabili larghe e ben protette che si snodano tutto attorno al centro antico, pedonale e costeggiano il letto del fiume Salzach, il cui nome significa “via del sale”, proprio perché era quello il principale commercio della zona, e il sale arrivava navigando sulle sue acque. E’ un giro bellissimo da cui si gode una vista spettacolare su tutta Salisburgo.
Prendiamo poi Hellbrunn Hallee, una lunga strada bianca risalente al XVII secolo, costeggiata da 622 alberi secolari. La percorriamo piano, godendoci la vista sulle montagne circostanti, in una giornata così bella che sembra dipinta.
Arriviamo così a Hellbrunn, la reggia extraurbana edificata da Santino Solari su commissione del vescovo principe Markus Sitticus von Hohenems circondata da splendidi giardini all’italiana, fontane, giochi d’acqua e uno zoo, ancora oggi attivo e molto visitato.
Posteggiamo le nostre bici proprio davanti a un gazebo bianco, attorno al quale fanno la fila per farsi fotografare coppie di ogni età. Ci raccontano che quello è il famoso gazebo nel quale fu girata la scena più romantica del film “The Sound of Music” del 1964 e conosciuto a tutti i baby-boomers d’Italia come “Tutti insieme appassionatamente”. Effettivamente mi era famigliare, e rivedo la scena della figlia maggiore che canta al chiaro di luna “I’m sixteen, almost seventeen” prima di essere baciata. La reggia è bellissima, circondata da giardini all’italiana pieni giochi d’acqua costruiti per divertire gli ospiti e per bagnarli senza possibilità di scampo in continuazione.
Visitiamo grotte refrigerate con un modernissimo sistema di “aria condizionata ad acqua” fatte per trovare ristoro alla calura estiva, miniature di nanetti e ninfee e artigiani che si animano grazie all’acqua che scorre nei canali, un teatro meccanico, anch’esso ad acqua. Riusciamo a non bagnarci neanche una volta grazie alla benevolenza della nostra guida, probabilmente impietosita dalla quantità di apparecchiature elettroniche che portiamo con noi. Effettivamente ai tempi dei vescovi principi non c’erano gli smartphone …
Riprendiamo le bici, e torniamo sui nostri passi, anzi, sui nostri pedali, godendoci un altro punto di vista sulla stessa bellissima strada, per dirigerci, sempre su percorsi meravigliosamente ciclabili verso I giardini del castello di Mirabell, fatto costruire dal Vescovo Principe Wolf Dietrich von Raitenau, molto più dedito all’arte che alla fede e molto mal visto dalla chiesa, per la sua amante Salomè von Alt dalla quale ebbe 15 figli. Il castello, dai cui giardini si gode una vista perfetta sulla fortezza, è situato appena fuori Salisburgo.
Probabilmente il vescovo principe voleva essere certo che durante le visite ufficiali di Papi o regnanti nessun bambino gli tirasse la veste chiamandolo “papà”. Ci dirigiamo verso Mozart Platz dove abbandoniamo I nostri “cavalli” per dirigerci a piedi verso la Fortezza sulla quale saliamo con la vertiginosa funicolare per apprezzare la vista di tutta Salisburgo ai nostri piedi e dove ci godiamo un sostanzioso pranzo tipico.
Fatta la discesa a piedi, per guardaci attorno, ma anche per smaltire l’abbondante libagione, ci perdiamo dentro alle intricate viuzze della città antica, con doverosa sosta nel negozio del primo produttore di Mozartkugeln, chiamate gergalmente da noi italiani “palle di Mozart”, il Furst. Finiamo altrettanto doverosamente davanti alla casa di Mozart in Getreidegasse, stradina famosa anche per la selva di insegne di piccoli artigiani.
casa di mozart
Facciamo rientro in albergo giusto per rinfrescarci un momento, perché, ci dicono, poi ci attende la degustazione di una birra artigianale.
La degustazione
Viaggiamo in auto per una strada di montagna e quando ne scendiamo, e cominciamo a camminare, ci aspettiamo da un momento all’altro di veder spuntare … cosa? Un pub, pensano alcuni, un birrificio, pensano altri. Ma la strada sale e noi non smettiamo di seguirla. E sale e sale e si snoda tra le montagne diventando dichiaratamente sempre più un sentiero in mezzo ad alberi e rocce, dove francamente è davvero improbabile che qualcuno abbia impiantato un birrificio. Abbiamo un po’ di affanno adesso, e siamo accaldati perché i gradini sono alti e sconnessi e stiamo camminando da parecchi minuti, accompagnati da alcuni operatori turistici nei loro sgargianti costumi locali.
Noi non capiamo e siamo sempre più incuriositi da questo mistero, finché improvvisamente la strada finisce in cima a un’altura aperta sul nulla e lo spettacolo che ci para davanti agli occhi ci fa dimenticare tutto, la fatica, il caldo e le domande che ci stavamo cominciando a porre. Mentre noi ci giriamo a trecentosessanta gradi con la meraviglia di bambini davanti all’albero di Natale e guardiamo i due laghi che laggiù brillano nel sole, circondati da boschi e prati, I nostri amici locali estraggono da borse refrigerate, freschissime birre artigianali biologiche che ci beviamo tutto d’un fiato. E non so se fosse il caldo, la sete, o l’essere in quel posto così bello e magico, ma non mi sembra di aver mai bevuto niente di così buono.
La cena
La giornata finisce con una bella cena nel bike hotel Gastagwirt in Eugendorf, che è hotel da tempo immemorabile, e contemporaneamente è anche fattoria e allevamento. Ce lo spiega il gioviale e loquace proprietario offrendoci un gin tonic fatto con uno squisito gin prodotto da loro (che unito alla birra precedente e al vino successivo ha probabilmente contribuito a un peggioramento globale della performance ciclistica del team), ma aggiunge con orgoglio che oggi l’albergo è annoverato nella catena dei Bike hotel della regione. Associazione assai selettiva, ci spiega, sono solo 15 gli hotel affiliati e ci elenca le caratteristiche indispensabili per poterne far parte: essere un hotel tra le tre e le cinque stelle, fornire le biciclette, avere la ciclo officina e tutti I tracciati garmin, le mappe per poter fornire ai clienti ciclisti tutto il necessario per godersi quel territorio che, dice offre un così grande e vario panorama ciclistico di ogni tipo, che per percorrerlo tutto a partire da lì, ci vorrebbero quattro settimane.
La cena ce la serve direttamente lui, è ottima e schietta, una cena di campagna verrebbe da dire, fatta di verdure dell’orto e animali delle stalle cresciuti dietro l’angolo che ci manca poco li chiami per nome mentre ce li serve.
Tornando al nostro albergo, l’impressione collettiva e di aver vissuto, pedalato, visitato e assaporato molto più di un giorno. E domani ci aspetta l’incontro coi campioni e la pedalata benefica.
Chissà chi sognerò stanotte.