Cosa troverai in questo articolo:
L’Arrivo a Bari
Arriviamo all’aeroporto di Bari in una giornata di gennaio e la Puglia ci accoglie nell’unico modo che conosce: accogliente. L’aria dolce, la luce morbida e variegata. Non è una giornata bellissima, eppure è carica di profumi e, tra le nuvole, tante sfumature di sole come le méches su una testa bruna.
Questa volta, con un po’ di rammarico, non ci fermiamo nella bella Bari nemmeno per un saluto. La nostra destinazione è Rutigliano.
La prima tappa è il nostro albergo, si chiama Agriturismo Lama San Giorgio, nella campagna appena fuori Rutigliano. L’aspetto ha poco del classico agriturismo, infatti è una masseria antica e solenne, dagli spessi muri in pietra chiara, circondata da vigneti e ulivi, con cui fanno un olio squisito del quale sono diventati i miei fornitori abituali.
Dopo un breve passaggio in camera – la mia in una sorta di dependance a bordo piscina, elegantissima nel suo stile minimal – siamo pronti per la prima tappa della maratona eno-gastronomica che ci aspetta. In Puglia infatti, ormai dovrei essere preparata, sai quando ti siedi a tavola ma non quando ti alzerai, ed è sempre tutto così buono e abbondante che è davvero difficile resistere e mantenere un livello di nutrizione più “milanese”.
Detto fatto, ci accomodiamo in sala da pranzo e comincia la parata di antipasti – primi – secondi – dolci a non finire, uno più buono dell’altro. Posso solo fare affidamento sulla pedalata tra le lame del giorno dopo e sul mio metabolismo. In particolare ricordo dei frittini meravigliosi e un primo di fave e cicorielle con frigitelli e cipolla rossa di Acquaviva delle Fonti servite nel pane di Altamura (Torciglioni con crema di rape, funghi cardoncelli e pomodori secchi).
La visita di Rutigliano
Dopo pranzo inizia la nostra visita a Rutigliano, città medievale, situata a una ventina di chilometri da Bari, sui primi rilievi delle Murge. La principale caratteristica del territorio sono le lame, i solchi erosivi poco profondi, tipici del paesaggio pugliese, che convogliano le acque meteoriche dall’altopiano della Murgia verso il punto di chiusura del bacino idrografico cui appartengono.
Rutigliano, che si è meritata il fregio di “Città d’arte” grazie all’infinità di monumenti storici e religiosi che la ornano, è famosa anche per la produzione d’uva da tavola, e per l’industria dei manufatti in terracotta, come le pentole, i tegami e le casseruole, ma soprattutto i fischietti. Ed è questo il principale motivo della nostra visita: la tradizionale “Fiera del Fischietto in terracotta Città di Rutigliano” che si tiene il 17 gennaio di ogni anno in occasione della festa liturgica di Sant’Antonio Abate. La piazza principale si riempie pian piano di bancarelle che espongono ogni tipo di oggetto in terracotta, pentole e casseruole, tegami, pignatte, stoviglie varie ma soprattutto i “pumini portafortuna” di ogni dimensione e colore (io, nel dubbio, me ne compro tantissimi) e poi fischietti a non finire. Ce ne sono di ogni foggia e fattezza, dai più tradizionali a forma di semplice fischietto, fino a quelli molto creativi e fantasiosi. Ci aggiriamo pigramente tra le bancarelle ancora in preparazione, assaporando l’aria tiepida della sera, che più che un inverno a noi del nord sembra un tardo settembre. Intanto il cielo si è fatto terso e fa da sfondo alle prime luci, ai colori, all’aria di festa che già si respira per le vie del centro storico, e si mescola con il profumo caramellato dei dolci, e l’aroma più forte degli altri cibi che come conigli dal cappello del mago saltano fuori ad ogni angolo.
La visita della nostra “maratona figuleia” che ci porterà in parecchie aziende (botteghe), piccoli artigiani in realtà, produttrici di fischietti, che mi ha colpito di più è quella del signor Antonio Samarelli, una fornace antichissima in argilla. Samarelli ci racconta tutto sul fischietto, una voce e una faccia che “bucano lo schermo” come si dice. Sembra uscito da un film neo-realista à la Garrone, ha lo spirito e l’oratoria di chi sa tenere davvero in pugno l’audience.
Ci racconta della sua fornace in argilla, antichissima. Ci mostra le anfore con i manici dalla stessa parte per poterli tenere entrambi lontano dal fuoco. Ma soprattutto parla della sua vera passione: i fischietti. Ce ne sono tantissimi tipi, dai più semplici, a forma di fischietto e mono-nota che costano pochissimi euro, a quelli super complessi sia come fattezze, che come strumenti, con cui si può davvero suonare, che possono arrivare a costare anche 2-300 euro. Dice che il 17 gennaio, festa del protettore degli animali domestici, ogni uomo doveva regalare alla sua bella un fischietto a forma di gallo, per donarle la sua (di lui) virilità. E ride con un’irresistibile espressione da furbetto. In origine i fischietti nascevano come giocattoli per i bambini meno abbienti mentre ora sono diventati oggetti da collezione. A Rutigliano c’è infatti anche un bellissimo Museo del Fischietto.
La sera ci trova nuovamente con le gambe sotto un tavolo carico di meraviglie, sempre in agriturismo, sempre così abbondante da non poter credere di farcela a finire.
Una gita in mtb
La mattina dopo sono pronta: salgo su una mountain bike prestatami, e via, a pedalare tra le lame, con un po’ di sole che a sprazzi fa capolino tra le nuvole.
Ulivi e vigne (sono la seconda attività della zona, dopo il pastificio Divella) la fanno da padroni nel paesaggio, che scorre dolce e verdissimo sotto le nostre ruote. Un giro pianeggiante, turistico, fatto con calma, assaporando i profumi e i colori in una quasi totale assenza di traffico, che non fa sentire la mancanza delle piste ciclabili. Su strade bianche o asfaltate, pedaliamo alla volta della chiesa rurale dell’Annunziata, una piccola perla immersa nella Lama San Giorgio, costruita tra il XIII e il XIV secolo per volere del monastero di San Tommaso ed oggi incastonata tra campi coltivati, muretti a secco e paesaggi naturali. Ci si arriva con l’unico pezzo di vera salita, uno strappetto ripido e corto. Arrivati in cima con le gambe che bruciano, si rimane senza fiato: la chiesa si trova su un altipiano verdissimo che sembra in Connemara.
Anche il cielo cangiante e gravido di nuvole scure alternate a sprazzi blu cobalto e lampi di sole contribuisce a dare questa sensazione d’Irlanda. Visitiamo la chiesetta con una guida che ci racconta la storia, e io ne approfitto per scorrazzare su quell’enorme spazio vuoto che sembra fatto per le mountain bike. E in effetti tra le lame se ne incontrano parecchie.
Rientriamo a Rugliano per una lunga e entusiasmante visita al museo del Fischietto. E’ veramente difficile immaginare che per un oggetto così semplice ci possano essere così tante forme e immagini. Alcuni raffigurano delle vere e proprie scenette di vita, o caricature di personaggi famosi, o barzellette. I fischietti possono raccontare delle vere e proprie storie.
La sera ci aspetta la cena in un locale che chiamare “pizzeria” è davvero riduttivo. Bistrot 06 Un posto moderno e minimal, in cui a sorpresa troviamo un “cielo” fatto interamente di ruote di bicicletta. Mi sento a casa. Mangiamo ogni bontà tipica del luogo, Grano Buono di Rutigliano con ceci neri accompagnati da pomodorini, cipolla rossa e zampina a tocchetti mangiamo tutto quello che riusciamo e anche di più, è proprio vero: è più grande la gola della pancia.
Tra le bancarelle di Rutigliano
Il giorno dopo aspettando la partenza ce la prendiamo comoda, gironzolando tra le bancarelle, ora in piena attività, ascoltiamo la banda, fregandocene della pioggia leggera che comincia a scendere e inumidisce i nostri ultimi momenti rutiglianesi.
E poi, il pranzo. Impossibile per l’accogliente Rutigliano perdersi quest’ultima opportunità di farci apprezzare il bello e il buono che ha da offrire, che è tantissimo, soprattutto concentrato in un weekend, e quindi, la Torre Belvedere, un’antica masseria ora ristorante e organizzazione di eventi, ci aspetta con, manco a dirlo, la tavola imbandita per un pranzo pantagruelico. Tris di caciocavalli artigianali aromatizzati o Maccheroncini al torchio con fiori di zucca e julienne di capocollo di Martina Franca su crema di zucchine.
Nel pomeriggio partiamo con le borse cariche di souvenir, gli occhi pieni di bellissime immagini, il cuore strabordante di ricordi e nella pancia tutte le prelibatezze che ci sono state offerte.
Con un carico così, c’è da stupirsi che in aereo non ci abbiano fatto pagare il supplemento.