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Le strade delle Marche
Le Marche sono senza dubbio una regione da scoprire in chiave cicloturistica. Le sue strade disegnano forme contorte e ricurve, tra colline, fiumi e gole rocciose inaspettate. Ma soprattutto, sono quasi prive di un fattore che rende il ciclismo pericoloso e spiacevole: il traffico automobilistico. Le provinciali marchigiane si rivelano infatti un campo da gioco snobbato dalle automobili, che lascia chilometri e chilometri di curve, rettilinei e saliscendi in balia di chi ha fiato e pazienza di pedalarli. Per di più, questa regione non ha ancora conosciuto il turismo della Toscana, e battere strade ancora poco note è sempre un piacere per chi si sposta in bici. Anche se esistono progetti con l’obiettivo di rendere più note queste strade.
Il progetto Jemo! – Marche bikelife
In dialetto marchigiano, Jemo! significa “Andiamo!” Jemo! è un progetto fotografico e documentaristico che vuole raccontare le testimonianze delle persone che vivono nelle zone colpite dal terremoto, cercando di valorizzare le Marche in chiave ciclistica. Promosso da Marche Bikelife, laboratorio cicloturistico che propone vari tour della regione, ha l’obiettivo di mostrare un’altra realtà di questi posti, che ha voglia di rialzarsi proprio grazie alla sua ospitalità. Del resto, fare cicloturismo significa amare in un certo qual modo la terra che si attraversa.
Le strutture ricettive bike-friendly
Anche il tipo di strutture ricettive sembrano venire incontro al cicloturismo. Infatti, più che i tradizionali hotel, molti dei paesini nell’interno della provincia di Macerata e Ancona si sono specializzati in un’ospitalità al dettaglio, diffusa, rurale. Bed and breakfast ricavati da casali di campagna ristrutturati, e tra di questi molte strutture bike-friendly. Giusto per fare qualche esempio, la Villa Rustica “Le Piagge”, il B&B “La Colombaia”, il B&B “Federico I” sono tutti ottimi punti di partenza per l’itinerario suggerito. Alcuni di essi mettono a disposizione officina per riparazioni, parcheggio bici, noleggi o tour dei dintorni.
Parco Regionale Gole della Rossa e Grotte di Frasassi
Un altro punto forte delle Marche è l’aspetto naturalistico. A ridosso dei Monti Sibillini, ma già in odor d’Adriatico, tra colline a perdita d’occhio e gole scavate nei secoli si nasconde il Parco Regionale delle Gole della Rossa e Grotte di Frasassi. Quest’area naturalistica è davvero incredibile per bellezza, e non ha nulla da invidiare al Parco d’Abruzzo o alle grandi riserve alpine. Formate nei secoli ed evolutesi in un’immensa dolina carsica scavata dal fiume Rossa, le Grotte di Frasassi furono scoperte nel 1948. Agli occhi degli speleologi che si inoltrarono per la prima volta nella Grotta del Vento o dell’Abisso Ancona lo spettacolo deve essere sembrato straordinario: per dare un’idea delle dimensioni di quest’ultimo, basti pensare che il Duomo di Milano potrebbe essere tranquillamente contenuto al suo interno. L’itinerario che proponiamo qui attraversa proprio le Gole della Rossa, e dalla partenza dalla stazione ferroviaria di Genga scalo l’ingresso delle grotte si trova a una manciata di chilometri.
Tappa 1: Genga / Arcevia / Sassoferrato
- distanza: 30km
- altimetria: 1017m+
- fondo stradale: strada provinciale asfaltata
- luoghi di interesse: Grotte di Frasassi, Abbazia di San Vittore, Tempio di Valadier ed Eremo di Santa Maria Infra Saxa, borgo di Genga, borgo di Sassoferrato
Da Genga a Frasassi
La prima parte dell’itinerario è molto semplice. Dalla stazione di Genga, facilmente raggiungibile tanto da Roma quanto da Ancona (la linea regionale ha anche un ottimo servizio di trasporto bici!), ci inoltriamo nelle gole scavate nei secoli dalla Rossa, in una sorta di profondissimo canyon con la strada che segue le anse del fiume. Nonostante le altezze tutto intorno a noi, l’andamento della strada è in questo primo tratto pianeggiante. Poco dopo l’ingresso delle grotte, sulla sinistra ci troviamo il Tempio del Valadier e l’Eremo di Santa Maria Infra Saxa. Il primo fu costruito dal grande architetto per il papa Leone XII nel 1828, accanto al ben più antico eremo: entrambi gli edifici sono incastonati nella roccia (infra saxa, appunto), e sono raggiungibili con una camminata di circa 15 minuti.
Da Arcevia a Sassoferrato
Ma tutto sarebbe troppo facile: infatti il nostro itinerario prevede una suggestiva deviazione per Arcevia, prima di arrivare a Sassoferrato. E in questo caso suggestiva è sinonimo di dislivello. Infatti, girando a destra per l’antico borgo di Genga (la stazione ovviamente è solo lo scalo ferroviario), iniziano i primi saliscendi. Strade nervose, ricurve, con traffico pressoché assente.
Attraversiamo il cuore verde del Parco Regionale, con campi a perdita d’occhio, e se siamo fortunati la nostra pedalata è salutata da qualche cervo o daino di passaggio. Una piana in leggera discesa accompagna il nostro ingresso nel bel borgo medievale di Sassoferrato, che è un’ottima sosta per la notte. Oltre ai b&b qui sopra, vale la pena di ricordare la trattoria La Rocca, proprio nelle mura antiche, che propone un’ottima cucina tradizionale del luogo.
Tappa 2: da Sassoferrato a Gubbio
La seconda giornata può essere impiegata in vari modi. Da Sassoferrato, ci sono più alternative: se si vuole rimanere su strada, la bellissima strada di Isola Fossara ci regala un falsopiano poco impegnativo stretto tra due gole di roccia fino al bel borgo di Scheggia. In realtà stiamo guadagnando quota, ma la salita è così graduale che non ce ne accorgiamo, intenti come siamo ad ammirare il paesaggio. Arriviamo così a Scheggia con la stessa velocità del nome che porta, e da qui si oltrepassa il confine umbro. La salita si fa un po’ più impegnativa, alle rocce si sostituiscono i boschi, il traffico è leggermente più denso, ma niente che dia fastidio al nostro passo.
Passato il valico della giornata, ci attende una bella discesa a larghi tornanti verso Gubbio. Borgo medievale di rara bellezza, reso celebre da certi lupi e San Franceschi prima, e da Don Matteo poi, merita senz’altro una visita. Attenzione, però: se avete in programma di rientrare in treno, considerate altri 17 km (di pianura) per l’omonima stazione, FFSS Gubbio-Fossato di Vico. Eviterete di fare corse al buio sulla provinciale come noi, per prendere l’ultimo treno per Roma.