Diari di una bicicletta: la seconda vita di Elif Üzer
«Get a bike, break free!» Il motto di Elif Üzer è forte e chiaro. Riecheggia dalla Turchia, suo Paese d’origine, al Sud America, dove si trova con la sua bicicletta. Nel 2012 le dimissioni dal lavoro, poi il viaggio verso gli States. Infine una bicicletta nuova per pedalare verso Sud, «per dire “Ciao!” ai pinguini in Argentina. Niente sponsor, nessuna causa». Da allora ha esplorato Stati Uniti, Messico, Cuba, Belize, Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua, Costa Rica, Panama, Colombia e Venezuela. Il tutto in un paio d’anni.
«Perché? Ho sempre voluto partire. La destinazione non era importante per me, ma ho sempre desiderato andare altrove. Per i tedeschi questa sensazione ha un nome: “fernweh”, l’opposto dell’inglese “homesick”. Un sentimento che ha continuato a crescere». Facendo scalata ed escursionismo ha capito cosa non funzionava: «il mondo era troppo grande per invecchiare di fronte a un computer».
Elif ha iniziato la sua seconda vita ospitando altri viaggiatori con couchsurfing e leggendo blog. «Ho realizzato che c’erano diversi modi e non un’unica ricetta per la cura di quel mio malessere. Avevo solo bisogno di raccogliere il coraggio e andare».
Ha scelto le Americhe per praticità. Più facile per i cittadini turchi ottenere un visto di lunga durata negli Stati Uniti che in Europa, da lì il gioco è fatto. «Tutti i Paesi dell’America centrale e del Sud sono accessibili imparando una sola lingua. Nonostante lo spagnolo abbia poi tante sfumature e slang in ogni Paese. Ad attrarmi è stata anche storia e culture così lontane dalla mia, ma antiche quanto quelle asiatiche».
Perché la bici?
Perché no? È più economico che con l’aereo. Puoi vedere davvero un Paese perché non ci stai per pochi giorni come un turista. È più veloce che camminare ma abbastanza lento per poter creare nuove amicizie, viverle e apprendere le varie culture. Poi è anche eco-friendly. Nessun costo per la benzina e zero emissioni.
Le tue passioni sono la bicicletta e l’arrampicata. Qual è nata prima? Quale ti dà più emozioni?
Non saprei, ma la bicicletta per me più che una passione è un mezzo di trasporto. Il migliore di sempre, mi permetto di suggerire. Arrampicata e bicicletta hanno molto in comune, ma la più grande emozione per me è quando salgo piccole colline: la più bella sensazione è in quei pochi secondi, quando non puoi vedere cosa ci sarà dopo.
Quando hai capito che la bici era la tua vita?
All’inizio non ero per niente sicura. Non avevo esperienza di lunga percorrenza in bici. Il punto di svolta è arrivato quando dalla Florida ho raggiunto la Louisiana. Dopo 600 miglia – 950 chilometri -, ho pensato: Ce l’ho fatta!
È dura per una donna viaggiare così da sola?
Sono cresciuta in un Paese machista. Ci sono regole scritte ed altre non scritte, ma conosciute. Solo a febbraio 20 donne sono state vittime di femminicidio commesso dai familiari. Istintivamente cerco di non attirare l’attenzione. L’abbigliamento da bici e l’essere bruna aiuta molto. Ho avuto a che fare con degli scocciatori in un paio di episodi e da allora sono più attenta, ma d’altra parte la gente preferisce proteggermi. Probabilmente sono stata invitata in casa più spesso di ciclisti maschi, anche le famiglie mi ospitano spesso.
Alcuni consigli di equipaggiamento per viaggiare in Sud America…
Non portate sacchi a pelo da -18 gradi! Già quello da 0 a -5 °C lo userete raramente. Per le donne può essere utili una coppa mestruale. Per tutto il resto la lista lunga è nel mio blog. Molto comunque dipende dalla lunghezza e dalla destinazione del viaggio.
Tre cose che hai imparato durante la tua avventura…
Una lezione di vita, che prima del viaggio era vaga ma ora mi è chiara. Incontri delle opportunità nella vita. Come porte, una si apre mentre l’altra si chiude. A volte non le vediamo. Possono essere frutta fresca sul ciglio della strada, un posto carino dove fare camping o un lavoro da imparare. È importante imparare a riconoscerle queste opportunità.
Secondo. Non amo fare le cose di fretta ma a volte un piano vago è abbastanza. È meglio essere sulla strada che sedere e pianificare davanti a un computer per settimane. La vita è fuori, non dimenticatelo. Lasciate che le cose facciano il proprio corso.
Terzo. Quando vado in bici è come fossi in meditazione. Sono conscia di tutto e continuo a pedalare ma allo stesso tempo non sono lì. Sono in una parte profonda di me, sempre viaggiando. Allora smetto di preoccuparmi anche di camion e bus dietro di me.
Le tre cose che ti mancano di più…
La mia famiglia, i miei amici e il loro supporto. Hanno smesso di chiedermi il giorno del mio ritorno o di chiedermi se torno. Ora mi incoraggiano a continuare.
Ultima cosa: la mia piccola bici verde. Sono stata investita a Merida, Venezuela. La mia bici ora è in riparazione.
Tre ricordi di viaggio?
La visita dei cuccioli d’orso mentre facevo camping il primo giorno. Gli stessi che ho incontrato nel mio cammino il giorno successivo.
A Cuba, quando nel mezzo di un diluvio universale un ragazzo, ammirato dal mio coraggio, si è avvicinato per congratularsi e regalarmi dei magnifici fiori rossi. Quei fiori li ho messi sul manubrio per rasserenare la mia giornata e farmi forza.
E infine in Venezuela, al Pico de Aguila. Ho raggiunto i 4mila metri e la vista lì toglie il fiato.
I Paesi che hai amato di più…
Ho passato un anno in Messico per una spalla rotta. Il Chiapas è fantastico. La vita è dura, ma variopinta. Cuba è una delle mie mete preferite: meno auto, meno traffico e gente meravigliosa. L’unico problema lì è stato internet. Il Nicaragua è uno dei posti più economici, molto bello. Sembra il posto giusto per iniziare una nuova vita e investire. Il Costa Rica invece è molto caro perché molti nord-americani ed europei ci si sono trasferiti e hanno già investito. Contro tutte le avversità ho amato molto anche il Venezuela. Non sono bravi guidatori ma sono i più generosi di sempre. Tutti i ciclisti ora stanno cercando di trovare una soluzione per la mia bici rotta.
Quali i Paesi più difficili da pedalare?
Messico e Cuba per il caldo torrido. In generale il traffico è peggiore ovunque in Sud America. Chi guida è convinto che le strade appartengano solo a veicoli a motore. Noi invece, come ciclisti, abbiamo gli stessi diritti sulla strada. Non si tratta di un hobby, ma di un mezzo di trasporto.
Nel tuo blog hai scritto che stai cercando la strada di casa. Dove ti immagini tra 20 anni?
È difficile immaginare un così lungo periodo. Continuo a vivere giorno per giorno e ad essere felice per ogni nuova esperienza.
Oltre a me ho un sogno a livello internazionale: le persone che vogliono fare la patente dovrebbero usare la bicicletta per almeno mille chilometri e provarlo alle autorità. Sembra irrilevante o strano, ma è l’unico modo per un guidatore di capire e rispettare la presenza di noi ciclisti.
Il blog di Elif: http://www.nuzerel.com/
Silvia Ricciardi