La via Francigena in Toscana, in viaggio nella storia
Da Sarzana verso Lucca è una pedalata di circa settanta chilometri attraverso la memoria di Luni; verso il mare della Versilia; sui rilievi di Montemagno; fino alle mura – e le cento chiese – di Lucca. Si comincia a sentire e vedere la Toscana più conosciuta, ma anche quella più trafficata e commerciale. La prima parte non ha rilievi considerevoli e anche una con una bici da strada ce la si può fare; invece passato Camaiore si sale per Montemagno, Valpromaro e Piazzano, e qui è meglio avere i rapporti di una mountainbike; arriveremo poi a dover scendere dalla bici, ma dai che va bene lo stesso.
L’uscita da Sarzana è verso la via Aurelia, direzione sud. A Luni sono pochi chilometri ma val la pena fermarsi: la zona archeologica, l’anfiteatro ellittico. Luni XXVIII tappa di Sigerico; dove arrivano i Greci e gli Etruschi; da dove parte il marmo bianco delle cave delle Alpi Apuane e il legame che scende col Magra. Luni romana (Luna) contro i liguri e invasa dai Longobardi. Luni di Eutichiano, Vescovo di Roma quindi Papa. Luni delle leggende: il Volto del Santo e del principe Lucio; Luni distrutta, abbandonata ma, prima, Luni di Dante Alighieri: splendida civitas Lunensis.
La strada che ci porta a spasso per la zona antica della città è prima sterrata e poi asfaltata e si districa tra numerose svolte fino a viale Galileo Galilei, con l’Aurelia che rimane a sinistra; stiamo già entrando in Avenza. Si passa la zona artigianale della città e si va a cercare l’ Aurelia, che troviamo dopo aver passato la ferrovia verso sinistra. Lì c’è una pista ciclabile che ha lo stesso effetto di un salvagente per un naufrago, per il traffico che abbiamo incontrato. L’Aurelia poi a ci porta a Pietrasanta.
Se fosse una competizione ciclistica la potremmo chiamare tappa di trasferimento; se invece vogliamo proprio fare i ciclisti, saliamo a Montignoso: tre chilometri che di media passano il 5% ma che possono impennarsi fino al 26; dall’Aurelia al ponte del Bottaccio, poi a sinistra per il Castello Aghinolfi. Quando va bene da quassù si vede fino al golfo della Spezia e fino a Livorno. Quando invece va benissimo si vede fino alle Alpi Marittime. Altrettanto bene vediamo La fortezza di Piè, un ristorante con quattro stelle e una tagliata che merita. www.lafortezzadipie.it
Per arrivare a Pietrasanta possiamo anche scegliere di pedalare sulla ciclabile lungo il litorale della Versilia. Nel caso occorre un certo sforzo per concentrarci sul mare e sulla natura: il litorale non è più palude né spiaggie bianche ma piuttosto una serie di stabilimenti balneari e edilizia residenziale. Resistono e resisteranno, invece, le cave di marmo bianco delle Alpi che vedono il mare, le Alpi Apuane; molte delle chiese romaniche della zona sono fatte così.
Pietrasanta fondata da Guiscardo Pietrasanta, podestà di Lucca, nel 1255; per proteggere la strada che collegava Massa e Lucca, da nord-ovest a sud-est. Le porte che indicavano le due direzioni ora non ci sono più ma rimane porta Pisa, dalla quale si accede alla piazza del Duomo di San Martino, con la facciata gotica in marmo bianco del XIII secolo.
Nella stessa piazza la chiesa di S.Agostino che è in stile romanico mentre il campanile è barocco; ma ha la stessa importanza anche la Pineta di Marina di Pietrasanta, qui d’estate si organizza il Festival della Versiliana il cui programma va ben oltre i tre mesi: www.laversilianafestival.it . Qui potremmo dormire per esempio alla casa diocesana La Rocca – dove è bene chiedere l’accesso delle auto per evitare la rampa di scale – con un offerta di 10Euro. Si può invece mangiare un po’ ovunque, anche prima di arrivare in centro città.
Pietrasanta è raccolta come la Liguria e aperta come la Toscana. E’ marmo e bronzo; laboratori d’arte e rassegne letterarie, quella Mondadori per esmpio. Pietrasanta è uno sguardo sull’Isola d’Elba, ammirazione per Fernando Botero e vanto per Giosuè Carducci, nati qui e conosciuti nel mondo.
Si va via da Pietrasanta e ci si ferma alla Pieve di Santa felicita e San Giovanni, che si incontra quasi subito sulla Provinciale 439. E’ stata fondata nel VI secolo: dentro un’architrave in marmo bianco, la scultura in bronzo di Giovanni Battista e anche una croce greca, ad abbellire una finestra, oltre agli affreschi trecentechi; peccato sia visitabile solo di domenica. Fuori ulivi e verde, un pozzo del 1559 di Giuseppe Stagi e un pellegrino in rilievo in un archetto dell’abside, con un’edera che gli fa un po’ troppa ombra.
Dopo aver visitato la Pieve si torna sulla Provinciale 439 – che è poi la Francigena – e ci si muove verso ovest. Dopo meno di un chilometro si va a sinistra per Cannoreto; si sale dolce e si scende ripido, giù dalla bici. Si pedala su asfalto e su sterrato. Si attraversano vigneti e orti. Si passa l’Istituto Cavanis, si costeggia il parco della villa Borbone e si continua dritto per la SP 1 di Camaiore. A piedi si prosegue sull’argine del fiume omonimo mentre in bici si deve fare almeno un chilometro di Provinciale per poi andare a sinistra fino al centro storico di Camaiore: Campmaior – Campomaggiore -XVII tappa segnata da Sigerico.
Come Pietrasanta, Camaiore è fondata per controllare la strada che porta a Lucca, a metà strada tra le Alpi Apuane e le spiagge del Lido. Sotto tanta acqua, sopra il cielo azzurro e le correnti dalle montagne e dal mare. Nella Piazzetta Francigena c’è la piccola chiesetta romanica di San Michele, ricostruita nel dopoguerra. Se a Camaiore vi offrono una Scarpaccia tra le Follie di Ferragosto, non pedalate via spaventati: è una torta di zucchine; antipasto o merenda, calda o fredda, dipende. Meglio se il periodo è quello della festa del centro cittadino, ad agosto appunto. Poi certo l’imprevisto fa parte del gioco: cominciamo a sentire l’aria della Toscana ma soprattutto dei toscani.
Fuori da Camaiore per la SP 1 verso sud est e verso Montemagno. Sono circa cinque chilometri di salita, asfaltata e un po’ trafficata – almeno la parte della provinciale – con una pendenza media di quasi il 5% per raggiungere un’altezza di 213 sul livello del mare. Qualche tornante secco, la strada che si alza, i tigli che ci risparmiano dal sole e la vista sulla valle di Camaiore. Poi si scende dolci per tre chilometri verso Valpromaro; si passa -ci si ferma – la casa del pellegrino e si risale di altri tre fino a Piazzano, facendo attenzione a svoltare a destra verso via della Chiesa XII. Per Piazzano si va a sinistra, si visita la Pieve, si passa la chiesa e si prosegue. Discesa. Curve. Bosco. Vigneti. Silenzio. Potresti essere centinaia d’anni indietro; e speriamo che sia così anche tra centinaia d’anni avanti.
Scesi a via delle Gavine giriamo a sinistra e passiamo San Macario. Si svolta a sinistra per via della Chiesa XXIII e si affianca La Cerchia, un fosso che ci porta fino a Ponte San Pietro. Si passa il ponte sul Serchio e siamo a Lucca. Si affianca il fiume sulla ciclabile e si prosegue fino a Porta San Donato. Attraversare via Papi con la bici a mano ci consente di tagliare una serie di sensi unici in cui ci saremmo persi, anche per fare attenzione alle macchine. Si entra nella cinta muraria e, facendo attenzione ancora alle macchine ma anche ai pedoni, ammiriamo Lucca.
Lucca forse ligure o forse etrusca; di sicuro Romana, per l’anfiteatro e S.Michele in Foro; Lucca capitale del Ducato Longobardo della Tuscia. Le sue Cento Chiese e le sue Mura importanti: che difendevano, che trasportavano e che adesso sono tra le passeggiate più caratteristiche d’Italia. Lucca e il Volto Santo, crocefisso ligneo raffiguante il volto di Gesù, arrivato con una nave senza nocchiero né equipaggio dalla Terrasanta fino a Luni, dice una leggenda.
E Lucca oggi, con i suoi percorsi ciclopedonali urbani, il Tearo del Giglio e LuccAutori, interessante rassegna letteraria. Possiamo lasciare la bici a riparare -a riposare – da Cicli Bizzarri, in piazza Santa Maria, e lasciarla lì per il tempo necessario ma anche un pochino di più: di cose da fare e da guardare a Lucca ce ne sono eccome.
Reportage di Alessandro Avalli