- lunghezza: 40 km
- dislivello in ascesa: 771 m
- fondo stradale: pista ciclabile, sentiero sterrato, strada bianca, brevi tratti asfaltati [consigliata mountain bike]
Il problema principale del cicloturista capitolino è la fuga dall’Urbe: servirsi di un treno, oppure trovare un percorso sicuro dal traffico veloce delle consolari in uscita dal centro? Quest’ultima soluzione si presenta spesso difficoltosa per la scarsità di passaggi, bisogna muoversi come un’anguilla per districarsi lontano dalle arterie maggiori e cercare la Natura nella paziente tortuosità delle strade secondarie o dei sentieri: sotto questo aspetto, il ciclista è davvero un pellegrino dell’urbanistica, un pacifico reietto di una società autocentrica, che conserva a tutti gli effetti qualcosa dello spirito dei pellegrini – religiosi e non – d’un tempo, che attraversavano l’Europa per giungere nella Città Eterna attraverso la via Francigena.
Ecco, la via Francigena è appunto una di quelle uscite tortuose e pazienti di cui si parlava poco fa: mentre la già descritta Appia Antica offre una via di fuga in direzione sud, questa ci porta a nord, nelle verdi terre degli Etruschi, sfidando silenziosamente il grigiore suburbano della Capitale.
La partenza del nostro itinerario è in pieno centro, in prossimità della Metro Valle Aurelia, a due passi dalla Basilica di San Pietro: da qui possiamo prendere neonata pista ciclabile di Monte Ciocci, che tramite una ripida rampa ci conduce verso le alture di Monte Mario, dalle quali è possibile ammirare da una posizione panoramica la Città adagiata nella Valle del Tevere. Il cosiddetto Parco Lineare prosegue per circa 5 km a ridosso della linea ferroviaria Roma/Viterbo, attraversandone le prime stazioni urbane (Appiano, Gemelli, Monte Mario) tra bei cavalcavia e ampie corsie ciclabili.
Giunti a Monte Mario, occorre prendere qualche strada urbana per qualche centinaio di metri, raggiungendo così la Riserva Naturale dell’Insugherata: questo enorme polmone verde si estende per un’ampia porzione a nord-ovest del tessuto urbano, interrompendosi soltanto per il Grande Raccordo Anulare: popolata da cinghiali e volpi, si presenta come un affascinante terreno pratoso (fangoso, se c’è stata pioggia) e selvaggio attraversato da sentieri e torrenti; compaiono i primi cartelli che segnalano il cammino sacro della Via Francigena, che noi utilizzeremo in uscita invece che in entrata da Roma. Tra piccole selve e radure increspate giungiamo così all’altezza del Raccordo, che ci accoglie con un imponente viadotto: la strada più diretta e comoda è senza dubbio quella segnalata dalla Francigena, che con un tratto asfaltato in salita ci butta sulla Cassia Antica (come da traccia GPS), ma esistono sentieri sterrati più impervi che conducono sotto il viadotto autostradale per ricongiungersi più in là.
A questo punto dobbiamo sopportare 5 km di asfalto in condivisione con le automobili: ma niente paura, la Cassia Antica offre un’ampia corsia laterale e il traffico non è proibitivo (quello veloce scorre sulla Cassia bis, che ha il limite a 90/110 km orari). All’altezza di La Storta possiamo svoltare a destra in via dell’Isola Farnese, e da qui possiamo finalmente tirare un sospiro di sollievo: i romani sono lontani, è tempo di anguste tagliate etrusche, rocce tufacee e torrenti ancora incontaminati. Isola Farnese è un grazioso borgo medievale appartenuto all’omonima famiglia, ai limiti del Parco Archeologico di Veio, antica città laziale sottomessa da Roma all’epoca dei re: all’altezza del bel Castello Farnese consigliamo una breve deviazione per le suggestive Cascate della Mola, set cinematografico di tanti film e sceneggiati, tra i quali il celeberrimo Pinocchio di Comencini. Da qui si può poi prendere l’ippovia in via Prato della Corte, uno stradone sterrato che si perde finalmente nelle campagne, attraversando boschetti e ruscelli: a proposito, è necessario un po’ di equilibrio e cautela per il piccolo guado del torrente Cremera, per il quale sono stati posti dei massi che sbucano dall’acqua.
Il corso della Francigena (o dell’Antica Cassia romana? In alcuni punti affiorano ancora tratti di basolato) torna ad appressarsi alla superstrada, costeggiandola lungo lo sterrato di via di Monte dell’Ara, e subito dopo attraversandola con un cavalcavia svoltando subito dopo in via della Ficoraccia, dove la natura bucolica dell’Agro Romano torna a farsi sentire.
E torna a farsi sentire anche il quieto mormorio del Cremera, che continuiamo a costeggiare risalendone il corso.
Ancora qualche chilometro di strade bianche e ci ritroviamo nella Valle del Sorbo, una riserva naturale dove le macchie di vegetazione si alternano a piacevoli sentieri sterrati e colline: certamente merita una visita lo splendido santuario della Madonna del Sorbo.
A questo punto, il nostro cammino scandito dai cartelli della via Francigena mette alla prova la nostra resistenza alle salite con uno strappo breve ma piuttosto duro, prima dell’altrettanto vertiginosa discesa finale verso l’affascinante borgo di Campagnano Romano, circondato ancora dalle sue mura medievali.
A questo punto, se siete pedalatori esperti potete pensare di proseguire per la Valle del Treja nell’itinerario descritto nella seconda parte, altrimenti è possibile tornare verso la stazione ferroviaria di Cesano, o ancora pernottare da queste parti per proseguire il viaggio il giorno successivo.
Fine prima parte