Di cicloturismo in bikepacking, ovvero con borse al seguito, o di viaggi unsupported – ovvero in autonomia, e senza alcun tipo di assistenza, oggi siamo abituati a sentir parlare. Ne sappiamo anche troppo, al punto che per qualcuno queste nuove tendenze sono più che altro delle mode, semplici trend che a breve saranno destinati a scemare …
Non è affatto così, e quanto questo sia vero ce lo conferma chi il bikepacking e i viaggi in autonomia li praticava già venti anni fa, ben prima che fossero codificati, che su questi ha costruito il suo lavoro e che oggi continua a portare gente in giro per il mondo verso destinazioni che per sintetizzare hanno un solo progetto comune: l’avventura. Bresciano, classe 1967, Willy Mulonia dal 2005 è responsabile di una società di viaggi che fino a qualche anno fa aveva un nome italiano, “Progetto Avventura”, ma che avendo presto fatto breccia anche all’estero non ha potuto far altro che modificare il suo nome in Project Adventure Cycling, “PA Cycling”.
Oggi Willy e colleghi portano in giro per il mondo circa milletrecento clienti all’anno, con una ventina di destinazioni in tutto che nel corso dell’anno si ripetono e che vanno dalla Patagonia al Canada, dall’Oman al Sud Africa, dal Marocco alla Mongolia, dall’Etiopia al Nepal e dal Cile al Perù, oltre a destinazioni meno remote come Dolomiti, Spagna, Cilento e Belgio.
«In fondo siamo stati i precursori dei viaggi unsopported, che abbiamo iniziato ad organizzare nel 2011. – ci spiega Willy Mulonia – Già dieci anni fa abbiamo iniziato a portare in giro clienti verso mete da affrontare in quasi totale autonomia, niente alberghi, niente auto al seguito, notti sotto tetto solo quando questo era possibile».
La matrice è dunque all’insegna dell’avventura, e solo con il passar del tempo la rete dei viaggi che mette in piedi ogni anno ha fatto spazio anche a giri cicloturistici più organizzati, che assistono e supportano il cliente durante i sette, dieci giorni medi in cui si sviluppa un viaggio.
«Il nostro cliente è di tutte le tipologie, prevalentemente italiano ma ci sono anche molti stranieri. In fondo è di tutte le estrazioni possibili, dal professionista all’avvocato, dal personaggio politico all’operaio. In venti anni ne abbiamo visti di tutti».
L’ottanta per cento di chi fa un viaggio di questi tipo è uomo, solo il 20% donne. I gruppi sono composti da persone che tra di loro nemmeno si conoscono, eccezion fatta per quelli che magari vengono con amici, il compagno o la compagna, la moglie eccetera. Ci sono inoltre gruppi precostituiti che vanno da sei a venti elementi. Di solito questi ultimi richiedono un programma “on-demand”. Cosa cerca il cliente tipo? Evasione ed esotismo: «La maggior parte di chi viene vuole bagnarsi di avventura, perché no, viene anche per alimentare un po’ il proprio orgoglio. C’è anche chi si avvicina ai nostri viaggi ma non è sicuro di potercela fare, per questo vuole mettersi alla prova. Io e le mie nove guide capiamo subito se tu sei adatto per fare quel viaggio, di conseguenza ti indichiamo se la meta che hai scelto fa al caso tuo oppure se è il caso di orientarti verso un’altra delle nostre destinazioni, oppure se hai bisogno di allenarti per essere pronto il prossimo anno. Più di una volta non ho accettato un cliente, perché chiaramente non idoneo al viaggio o il viaggio non idoneo alle sue abitudini e soprattutto attitudini.».
Quel che è certo è che l’85 per cento di chi fa questo tipo di viaggio sono ciclisti che già hanno assaporato queste mete sui-generis, e per questo ritornano «Sono persone che vogliono tornare a fare queste esperienze di apertura verso i posti che andiamo ad attraversare, gente che non viene solo per pedalare e misurarsi, ma per conoscere in fondo i territori e le culture che incontriamo».
Per partecipare a questi tour non serve avere una forma fisica da atleta, basta una discreta base di allenamento e soprattutto capacità di adattamento alle nuove condizioni e ai nuovi posti: «Preferiamo che il cliente porti con sé la propria bicicletta, perché i mezzi che possiamo trovare sul luogo spesso non sono tecnicamente adeguati. Bici a pedalata assistita? Solo in certi casi le troviamo, di certo non le si può far viaggiare in aereo, per il problema delle batterie che non possono volare».
Ci viene da pensare che con le nuove bici gravel si possa aver trovato una tipologia di mezzo in più per godersi appieno le avventure: «In realtà il tipo di mezzo che si usa è secondario, è sufficiente che sia una bici funzionale, adatta a percorrere tutti i tipi di fondo, sia su asfalto che fuoristrada. Mountain bike? Sì, va bene ma non facciamo mai cose troppo tecniche, le abilità di guida particolari non sono richieste».
«Ciò che offriamo non è solo e non tanto l’organizzazione logistica del viaggio, ma più che altro andare nel cuore del cliente togliergli lo strato di muffa che talvolta si porta dietro, portandolo verso quell’apertura che ogni posto sconosciuto del mondo ti porta a liberare, a mettere alla prova la tua resistenza psicologica e tirar fuori le tue capacità di introspezione. Nei primi giorni di viaggio, per tutti, l’entusiasmo è davvero alto, ma in genere è dal quarto, quinto giorno in poi che viene fuori al fatica e che le tue capacità psicologiche vengono messe alla prova».
Willy Mulonia ha intrapreso questa strada quasi per caso, quando una ventina di anni fa, per un viaggio in solitaria che lo ha portato ad attraversare da nord a sud tutto il continente americano si è ritrovato, di notte, nel mezzo del deserto di Atacama con sopra gli occhi un tappeto di stelle che lo illuminavano a giorno: «Solo in quel momento ho pensato e sentito alla mancanza di qualcuno, non perché avessi paura della solitudine, ma piuttosto per non poter condividere assieme ad altri quell’emozione così straordinaria in quel posto e in quel momento unico. Ed è in quel momento che mi sono detto: qui un giorno, ci porterò qualcuno». Detto e fatto.