400 km di pedalate in Graziella alla scoperta della pianura lombarda
Le Vie dell’Acqua: chi se le ricorda? Erano uno dei progetti più interessanti dell’EXPO, un sistema di canali e percorsi ciclo – pedonali che avrebbero dovuto collegare il sito dell’evento alle aree verdi della zona ovest di Milano, promuovendo il territorio rurale ed il sistema idrico, con annessa riqualificazione delle alzaie del Naviglio Grande, del Canale Villoresi e della Darsena e le Vie dell’Acqua sono state l’ispirazione per un nuovo viaggio in bicicletta, che mancava alle mie gambe da ormai un anno e mezzo, troppo!
Per aiutarmi nell’impresa sono accorsi in mio aiuto il buon vecchio Leonardo da Vinci e molti altri ingegneri che in epoca medievale hanno progettato il grande sistema di canali e navigli: se seguendo l’acqua loro potevano arrivare fino in Valtellina, ai grandi laghi e persino al mare, perché non utilizzare lo stesso metodo per uscire da Milano? Cartina alla mano, ho cercato di progettare la mia personale Via dell’Acqua, un giro circolare con partenza ed arrivo a Milano, sempre caratterizzato dalla presenza dell’acqua a fianco della bicicletta, per vedere se effettivamente Milano può essere raggiunta seguendo solo navigli, canali e fiumi. Grazie alle numerose informazioni presenti su internet e sul sito della Regione Lombardia sono venuto a conoscenza delle numerose piste ciclabili che affiancano i corsi d’acqua, ed in poco tempo sono riuscito a collegarle tutte, creando finalmente la mia Via dell’Acqua!
Per affrontare i quasi 400 km del percorso ho deciso di optare per il biciclo più piccolo e lento, la mitica Graziella (vedi il nostro articolo sulla Graziella), in questo caso una Katia d’epoca appartenuta a mia nonna, con la speranza che la sua lentezza mi faccia assaporare appieno la vastità della pianura e la placidità dei canali. Inoltre, la Graziella è una bici “democratica”, tutti la possono avere e tutti possono pedalarci sopra senza stancarsi troppo. Sono dell’idea che per cercare un po’ d’avventura e scoprire nuovi posti non bisogna avere ne’ grandi mezzi, ne’ tanto tempo e non bisogna neppure spostarsi troppo!
E quindi via! Caricata Katia con le borse laterali, oliato la catena e legato il supporto per il GPS al manubrio, sono pronto per l’avventura che per i prossimi cinque giorni mi porterà a scoprire navigli, canali e fiumi della Lombardia! Speriamo solo di non essere attaccati dalle nutrie: che la Via dell’Acqua abbia inizio!
Giorno 1, Milano – Crema
Dopo due giorni di pioggia incessante sono un po’ preoccupato, iniziare una Grande Pedalata col maltempo a novembre non è certo il massimo: l’acqua la voglio solo seguire, non ho voglia di sentirla scorrere anche giù dalla schiena! Per una volta, fortunatamente, il grande Dio della Bicicletta è magnanimo con noi ciclisti e la settimana esordisce con un gran sole splendente ed un cielo terso, con nemmeno una nuvola a macchiare l’immensità azzurra sopra di me. Il meteo promette bene per questa settimana, una rapida occhiata su internet mi rassicura, il rischio di piogge per i prossimi cinque giorni è praticamente nullo! Con buona lena preparo una super colazione, controllo per l’ultima volta il bagaglio e mi preparo per uscire presto: le giornate di novembre sono corte ed è meglio cominciare a pedalare alle prime luci del mattino. Saluto la mia ragazza Stefania, rischiando di farle perdere il treno, e mi dirigo verso il Duomo, ideale punto di partenza della Via dell’Acqua.
In una decina di minuti arrivo al Duomo: la sua piazza non è ancora affollata a quest’ora ed è perfetta per la foto di rito che segna il via della Grande Pedalata.
Il primo obbiettivo è raggiungere l’inizio del Naviglio Martesana, a circa quattro km dal Duomo. Cent’anni fa sarebbe stato molto più facile arrivare rapidamente ad un qualsiasi corso d’acqua, visto che la città era circondata da una cerchia di Navigli, ma adesso bisogna accontentarsi dei pochi rimasti.
Avvicinandomi al quartiere Isola mi imbatto, nei resti della sezione urbana del naviglio Martesana. Il cartello informativo indica che è la Conca dell’Incoronata, un’opera che doveva ovviare il problema di dislivello tra la Martesana e la cerchia dei navigli: anche qua c’è lo zampino di Leonardo, si vedono ancora i resti della chiusa e del ponte ed io lo prendo come il primo segno dell’acqua in questo viaggio. Cerco di seguire l’antico corso del naviglio, interrato nel 1929, ma la giungla in superficie non mi regala altri segnali “acquatici”: intorno a me è un trionfo di architettura moderna, svetta il grattacelo dell’Unicredit Tower, sul quale si specchiano in lontananza le due torri del Bosco Verticale e il possente edificio della Regione Lombardia.
Tutto d’un tratto raggiungo la Martesana e la Milano moderna scompare. Il corso d’acqua appare come per miracolo, dal nulla, e con sé arriva una ventata di aria provinciale che mi fa sentire distante anni luce dal Duomo, dai negozi extralusso di Galleria Vittorio Emanuele II e dai scintillii dei grattaceli. Le case che vi si affacciano sanno di campagna, grandi alberi colorati d’autunno si specchiano sulle sue placide acque ed in generale si respira molta tranquillità: nessuna macchina qui, soltanto pedoni, ciclisti e pattinatori.
Per i prossimi venti chilometri non c’è rischio di perdersi, basta seguire il naviglio fino a Cassano d’Adda. Passo sotto il traffico di Viale Monza, esultando per la mia libertà quando intravedo i poveri automobilisti intrappolati nelle loro macchine incolonnate, supero parchi e cascine, immaginandomi questa zona di Milano cent’anni fa, sicuramente più verdeggiante ed agricola, fino a raggiungere e scavalcare il fiume Lambro, segnando la definitiva uscita dalla città.
I palazzoni scompaiono, la campagna prende gradualmente sempre più piede e, sorprendentemente, in lontananza fanno capolino persino le Alpi! Non mi sarei proprio aspettato di vederle, di solito la visibilità non è così buona a Milano, e gioco a riconoscerne le cime: individuo con certezza le Grigne e probabilmente il gruppo intorno al pizzo Coca, per le altre ci vuole un bel ripasso di geografia! Nonostante sia lunedì la ciclabile della Martesana è invasa da gente a passeggio e da ciclisti, che non si sono lasciati perdere l’occasione di un’uscita in una giornata così bella. Io pedalo con tranquillità, Katia si comporta bene, nonostante il continuo sferragliare che mi accompagna ad ogni pedalata, ed il bagaglio dietro di me non mi sbilancia: gli unici problemi arrivano dal didietro, il sellino (originale) dopo pochi chilometri risulta già scomodo, ogni tanto sento le molle ed i ferri che mi trafiggono senza pietà, ma a questo punto non posso altro che abituarmi a questa piccola tortura! A dire il vero, anche la posizione non è delle migliori, mi sembra di pedalare una Harley Davison!
Non ho molte aspettative sui paesi dell’hinterland milanese, ma arrivando a Cernusco sul Naviglio ho una bella sorpresa: il parco che costeggia il corso d’acqua è un’esplosione di caldi colori autunnali e ciò mi spinge ad addentrarmi nel centro storico del paese. Le strade ordinate brulicano di gente, ho la sensazione di essere in un paese di campagna, le case sembrano essere state tutte ridipinte di recente con toni gialli ed arancioni, giusti per questa stagione, e ogni tanto sbuca fuori anche qualche corte storica. Mi godo questa breve deviazione con la consueta lentezza di Katia, che sobbalza ad ogni pietra delle strade lastricate del paese, poi riprendo a pedalare in direzione di Gorgonzola.
Tutto d’un tratto dalla ruota di dietro sento un sonoro “toc!”. Sono preoccupato, mi sembra proprio il rumore di un raggio che si spezza, ma dopo un controllo veloce sembra che tutto sia a posto… strano, mi sembrava proprio un raggio… Arrivo a Gorgonzola leggermente affamato e quindi decido di placare la mia fame con un bel panino con la specialità locale: due etti di Gorgonzola forse sono un po’ troppi, ma è una soddisfazione mangiarsi un panino stracolmo del classico formaggio verde! Ne terrò un po’ per il pranzo…
Dopo Gorgonzola il paesaggio si fa ancora più agricolo, le case si diradano e aumentano i campi, fino ad avvistare le prime pecore che pascolano a fianco del Naviglio. Supero Inzago senza soffermarmi a visitare il paese, anche se le ville affacciate sulla Martesana meritano più di una foto, fino ad arrivare a Cassano d’Adda dopo aver percorso più o meno la metà dei chilometri della tappa di oggi. Mentre sto per lasciare il Naviglio per dirigermi verso il fiume Adda incrocio un ciclista, è uno di quelli a cui piace chiacchierare e cominciamo subito a raccontarci dei nostri viaggi in bici. Lui fa il meteorologo per un sito internet e mi rassicura sul bel tempo dei prossimi giorni: anche lui è certo che non pioverà, evviva! E’ ora di pranzare, preparo e divoro altri panini col gorgonzola nel bellissimo parco sull’isola Borromeo, chiusa tra l’Adda e il canale del Linificio, mentre ammiro la possente fortezza viscontea ed il quieto passeggiare delle anatre. Il parco è enorme e merita sicuramente una visita, così anche come il minuscolo centro storico del paese, fatto di vie strettissime, adatte solo al passaggio della mia Katia.
Riprendo il viaggio ed accendo per la prima volta il GPS, diabolico strumento di perdizione che mai ho usato per un viaggio in bicicletta, meglio le cartine e gli atlanti stradali! In questo caso però è meglio seguire le tracce della ciclabile dell’Adda scaricate dal sito della Lombardia ed indicate con la sigla AD02, meglio non perdersi tra le anse del fiume. In effetti, se non avessi accesso il GPS qualche dubbio sulla ciclabilità del percorso ce l’avrei avuta: mi devo dimenticare in fretta del bel fondo liscio ed asfaltato della Martesana, qui si fa sul serio con passaggi da pura mountain bike! Dapprima la ciclabile è una larga strada sterrata e ben battuta (sul percorso è presente una cava di ghiaia e i camion hanno compattato bene il fondo della strada) ma all’improvviso si trasforma in un sentierino pieno di foglie, radici e sassi che mettono a dura prova la resistenza della povera Katia.
E’ come fare ciclocross, ogni tanto ci sono anche delle montagnole di terra da superare, incredibile che la chiamino ciclabile. In ogni caso, Katia è una tosta, nulla la spaventa e insieme andiamo avanti sfrecciando tra i boschi dell’Adda. Per la prima volta nel viaggio mi sento proprio fuori dal mondo, non ci sono case o strade nelle vicinanze, il silenzio è rotto solo dal cinguettio degli uccelli, dallo scorrere del fiume e dallo sferragliare della mia bicicletta. A lato del sentiero scorgo addirittura dei dinosauri, e che diavolo! Sono così fuori dal mondo? Dando un’occhiata alla mappa scopro di essere vicino al Parco della Preistoria di Rivalta d’Adda: ecco… non ho avuto le traveggole! Improvvisamente vengo raggiunto da un ciclista, di quelli seri, che con un paio di pedalate mi affianca con la sua mountain bike: è sorpreso di vedere una Graziella in mezzo ad un bosco e dopo qualche scambio di battute decidiamo di proseguire assieme fino al canale Vacchelli. Ennio, questo il suo nome, è un simpaticone di oltre sessant’anni che oggi di chilometri ne farà 150 e che puntualmente affronta salite dolomitiche con i suoi colleghi ciclisti di Lodi: magari ci arrivassi io a quell’età e fare tutta quella strada, chapeau! Stare dietro ad Ennio non è per niente facile, devo stare attento a non prendere in pieno qualche radice, le ruote da 20 di Katia saranno anche resistenti ma non sono di certo indistruttibili, ed anche quando c’è qualche bel rettilineo non posso guadagnare velocità senza che le gambe pedalino a vuoto: in questi casi rimpiango i rapporti più duri delle altre biciclette. In tempo record raggiungiamo l’inizio del canale Vacchelli ed è già tempo degli addii, peccato, mi sarebbe piaciuta un po’ di compagnia anche per i successivi chilometri.
Prima di lasciarmi alle spalle l’Adda do un’occhiata alla chiusa del canale Vacchelli, elegante e monumentale, e mi domando perché molte delle infrastrutture moderne siano prive di qualsiasi gusto artistico. La ciclabile del canale è larga, il fondo ghiaioso è ben battuto, ma dopo un po’ diventa anche piuttosto noiosa: i lunghissimi rettilinei sembrano infiniti, non si incontra anima viva ed ogni volta che incrocio un ponte esulto per questa piccola variazione sul panorama. Mi accorgo che la ruota posteriore non gira dritta, ormai sono convinto di avere un raggio rotto, ma ormai non serve fermarsi, meglio arrivare a Crema e controllare là. Ad un certo punto mi imbatto in un minaccioso cartello che vieta il passaggio di pedoni e ciclisti tra ottobre e gennaio, con libero accesso solo di martedì e venerdì, ed oggi è lunedì. E che faccio, torno indietro e trovo un’alternativa, perdendo tempo e aggiungendo ulteriori chilometri alle mie gambe, o proseguo? Mentre penso sul da farsi sbuca fuori un pescatore che mi avvisa che il divieto è dovuto all’apertura della stagione della caccia e che sono libero di proseguire a mio rischio e pericolo. Ma com’è possibile che sul percorso di una pista ciclabile venga ammessa la caccia? Robe da matti… Decido di proseguire, non ho voglia di tornare indietro, e dopo poco trovo i cacciatori. Sono in cinque, accompagnati dai cani, due di loro cominciano a sparare sulle anatre, uccidendone un paio che precipitano nel canale, mentre gli altri si trovano su un ponte poco più indietro, per raccogliere le prede con dei retini. Quando finiscono di sparare comincio a pedalare più in fretta, supero rapidamente le occhiatacce maligne che mi lanciano, e proseguo sempre diritto verso sud-est, ormai non deve mancare molto per raggiungere Crema.
Dopo qualche chilometro di campagna, cascine e chiesette abbandonate, alzaie ricoperte da innumerevoli foglie rosse e molto silenzio, incrocio la strada provinciale che porta a Crema. Purtroppo devo lasciare la Via dell’Acqua per un po’, è impossibile proseguire sul canale per colpa del treno che vi passa accanto, ma rimango comunque su una ciclabile che affianca la strada. Intanto intorno a me tutto si colora di tramonto, il cielo assume tonalità rosse mentre le nuvole lo macchiano con gradazioni di viola: per fortuna che sono quasi arrivato, pedalare sul canale con poca luce non sarebbe stata una bella esperienza.
Arrivo a Crema che ormai è scuro, e sono appena le cinque e mezza: per i prossimi giorni dovrò ricordarmi che la notte arriva presto a novembre. Grazie alle reti di scambio di ospitalità che si possono trovare su internet, oggi sono invitato a passare la notte in casa di un ragazzo albanese che vive a Crema, Arber, e meno male, perché appena si fa scuro le temperature scendono di colpo ed una notte in tenda non sarebbe proprio l’ideale.
L’appuntamento con Arber è alle sette, quindi ne approfitto per controllare la ruota posteriore della bicicletta e, confermando i miei dubbi, trovo un raggio rotto. Il mio peggior nemico! Sfreccio tra le strade di Crema alla ricerca di un negozio di biciclette, ma quando ne trovo uno è in chiusura. Il proprietario mi assicura che per le dieci del giorno successivo la bicicletta sarebbe pronta, ma sarebbe troppo tardi, calcolando tutti i chilometri che dovrò macinare. Decido di rischiarla: domani partirò con un raggio in meno, con la speranza di trovare un negozio di biciclette lungo il percorso, la ruota non gira troppo male e non tocca ancora i freni, speriamo bene! Per ingannare il tempo vesto i panni del turista e comincio a visitare Crema by night, la città è proprio carina, piccola e graziosa, costellata di chiese e palazzi antichi, con un’elegante piazza centrale dominata dal grande duomo in stile gotico e circondata da mura d’epoca veneziana: non mi aspettavo granché dalla città ed invece è stata una bella sorpresa! All’orario concordato mi trovo con Arber, il ragazzo è simpatico e condividiamo la cena assieme ad un amico statunitense, così questa Grande Pedalata assume un’aria più internazionale. La sera siamo tutti stanchi e prima di andare a letto controllo gli orari di tutti i negozi di biciclette di Cremona (tappa intermedia di domani), dovrò arrivare verso le undici per essere sicuro di trovare qualcuno disponibile a ripararla. Mi aspetta una mattina di pedalate intense, meglio andare a letto presto!
Reportage di Francesco
Se vuoi leggere il resto del racconto vedi anche il secondo giorno https://www.viagginbici.com/cicloturismo/crema-cornogiovine-in-bici-lungo-le-vie-dacqua-lombarde-secondo-giorno/
il terzo giorno https://www.viagginbici.com/mountain-bike-percorsi-e-non-solo/5-giorni-pedalando-graziella-lungo-le-vie-dacqua-lombarde-terza-tappa/
il quarto giorno https://www.viagginbici.com/mountain-bike-percorsi-e-non-solo/vie-dacqua-lombarde-quarta-tappa/
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