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Nulla sarà come prima. Quando ci ritroviamo a immaginare un futuro dopo la pandemia del Covid-19, questa frase ricorre incessante come un mantra. Come conseguenza della quarantena, le nostre abitudini sono cambiate drasticamente, il nostro modo stesso di pensare le nostre vite è cambiato e non tornerà mai come prima. Se possiamo imparare qualcosa da questa storia per adottare stili di vita più sostenibili è questo il momento di intraprendere delle scelte intelligenti. Come ha detto qualcuno, “non possiamo tornare alla normalità, perché la normalità era il problema!”. Così ha scritto il nostro direttore nel pezzo intitolato Fase 2 in bicicletta o abbiamo perso una battaglia
La mobilità, un’emergenza nell’emergenza
Questo riguarda anche e soprattutto la mobilità. In un mondo in cui gli accessi ai mezzi pubblici saranno contingentati per evitare assembramenti, il rischio più grande è quello di tornare alla motorizzazione indiscriminata degli Anni Sessanta. I primi dati provenienti da Wuhan dopo la riapertura della quarantena confermano questo pericolo. Nella metropoli cinese si è avuto infatti un tracollo dei mezzi pubblici e un’utenza che si riversa quasi del tutto sull’auto privata. Ma se già prima dell’emergenza l’automobile era un mezzo di trasporto obsoleto e non più sostenibile all’interno delle città, il rischio di congestioni, inquinamento e aumento dell’incidentalità ora appare ancora più alto. Occorre quindi prendere decisioni immediate e provvedimenti per un cambio di marcia, e trasformare un grosso problema in un’opportunità di cambiamento per un Paese più moderno ed ecologico.
Ancora una volta, la risposta sostenibile alla ripartenza delle attività e alle nuove esigenze di spostamento può essere la bicicletta. Le sue caratteristiche la rendono infatti un mezzo resiliente e versatile, a basso impatto, idonea alle esigenze di distanziamento sociale. Va infine ricordato che la bicicletta è il mezzo più efficace per gli spostamenti urbani. Statistiche alla mano, infatti, entro un raggio di 6 km di spostamento all’interno delle città la velocità media del traffico è inferiore ai 15 km orari, ritmo di pedalata di una persona non particolarmente allenata. La bicicletta ci salverà?
Se non ora, quando?
Molte città nel mondo si sono già dotate di una rete ciclabile d’emergenza. Da Berlino a Bogotà, da Oakland a New York, sono stati attuati restringimenti di carreggiata con segnaletica orizzontale o cordoli. Il concetto di fondo è semplice: sottrarre spazio al traffico motorizzato per restituirlo alle persone, e tornare a considerare la bicicletta ciò che è sempre stata, un mezzo di trasporto, con pieno diritto di condividere la carreggiata e non il marciapiede. Le bike lane o corsie ciclabili “leggere” hanno tempi e costi decisamente minori delle ciclabili in sede separata. Esse inoltre garantiscono un riconoscimento formale dello spazio riservato al ciclista. In quest’ottica le parole sono importanti: si è parlato anche di ciclabili “provvisorie”, ma è bene definirle “transitorie”, ovvero non destinate a scomparire a fine emergenza, ma piuttosto a “crescere” con cordoli e ulteriori interventi futuri per renderle ancor più sicure.
Verso una mobilità nuova: alcune proposte
E in Italia? Alcune città hanno già annunciato interventi simili, ma c’è molto lavoro da fare. Per questi motivi, un coordinamento di varie Associazioni ciclistiche, da FIAB a Salvaiciclisti, hanno inviato un pacchetto di proposte per costruire assieme una mobilità urbana durante e dopo l’emergenza Covid-19. Ci sono inoltre alcuni segnali che fanno ben sperare: tanto per cominciare, Vittorio Colao, a capo della task force di esperti incaricata di gestire la ripartenza economica e sociale del Paese, è un ciclista appassionato.
La lista degli interventi proposti
Ecco quindi alcune delle misure al vaglio per immaginare delle città a misura di persona:
- creazione di una rete di ciclabili “leggere” e conseguente restringimento della carreggiata, mediante segnaletica orizzontale e/o cordoli o distanziatori;
- istituzione di nuove zone 30 in tutto il Paese, strade scolastiche e misure idonee alla dissuasione della velocità;
- corsie preferenziali bus aperte anche alle biciclette, dove ciò sia possibile, sul modello di altre capitali europee come Parigi;
- incentivi economici per sostenere la mobilità sostenibile e la micromobilità (finanziamenti e incentivi per bike sharing, acquisto bici elettriche, rimborsi chilometrici per chi sceglie il bike to work come forma di spostamento);
- mantenimento dei sistemi di controllo del traffico come ZTL, sosta regolamentata e corsie preferenziali: molte proposte fatte al contrario in questo senso rischierebbero infatti un’ “apertura delle gabbie” ed un uso indiscriminato dell’auto privata;
- strategie di contenimento dei picchi di mobilità per evitare congestioni e incentivazione dello smart working e differenziazione degli orari di spostamento lavorativo e commerciale;
- riconoscimento formale della mobilità sostenibile come mezzo di spostamento resiliente, adatto tanto in tempi di crisi ed emergenza quanto nella “nuova” normalità da costruire;
- costituzione di un gruppo di lavoro di esperti di mobilità per gestire gli interventi;
- promozione della mobilità sostenibile tramite campagne di sensibilizzazione e informazione per promuovere stili di vita più sani ed ecologici.
Il futuro va scritto il prima possibile, le scelte che prenderemo determineranno il modo in cui sceglieremo di vivere dopo l’emergenza. Sarebbe davvero un peccato non cogliere l’occasione.